Alessandra Ceccoli intervista Francesca Cavallo

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dottor li

 

In occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo illustrato per bambini: Il Dottor Li e il virus con in testa una corona, intervistiamo Francesca Cavallo.

Francesca è un'imprenditrice e attivista italiana: esordendo come autrice teatrale, da fondatrice della rivista digitale Timbuktu (2011) – il magazine per bambini più scaricato sulla piattaforma Apple – ha scritto assieme a Elena Favelli Storie della buonanotte per bambine ribelli (2016) che ha battuto i record sul sito di crowdfunding Kickstarter per l'editoria. Tra le sue ultime opere, Elfi al Quinto Piano (2019) edito da Feltrinelli.

A - Ciao Francesca, prima di tutto vorrei ringraziarti per avermi concesso questa chiacchierata informale, per l’opportunità di poterti fare i complimenti, a nome di Jona Editore, per il tuo nuovo successo, di cui parleremo. Inizio quindi con il chiederti come stai e dove stai trascorrendo questo particolare momento di quarantena; so che, da anni ormai, vivi in California.

F - Ciao! Grazie, sono contenta che Il Dottor Li e il virus con in testa una corona vi sia piaciuto. Sono a Roma, ho preso uno degli ultimi voli di linea da Los Angeles quando ho iniziato a sentire che pensavano di chiudere i confini. Sto bene, dai. Sono parecchio impegnata e questo mi aiuta a non sentire troppo il peso di questa clausura.

A - Torniamo a questa peculiare fase storica: parlando con altri scrittori o creativi in genere, ho potuto notare come la maggior parte di loro stia vivendo una condizione di stallo emotivo, una sorta di blocco che, oltre a isolare i loro rapporti con l’esterno, sta in qualche modo atrofizzando anche la connessione con la propria parte interiore, tanto da demotivare qualsiasi loro impulso a leggere, scrivere, dipingere e via dicendo, a seconda di quale sia la forma d’arte che producono. Proprio per questo, la pubblicazione di pochissimi giorni fa del tuo lavoro Il Dottor Li e il virus con in testa una corona, non solo mi è parsa un’ottima idea, mami ha colpito oltremodo, facendomi provare grande stima e ammirazione per la tua forza creativa e di tutti coloro che vi hanno collaborato. Pensi di poterti considerare solo più fortunata di altri o, in qualche modo, hai trovato in questo frangente la giusta dimensione per lavorare? È stato difficile?

F - Credo che si tratti - per quanto mi riguarda - di una questione di carattere. Tendenzialmente, io reagisco a situazioni di forte stress concentrandomi sul lavoro e mi viene istintivo rifugiarmi nella creatività durante le tempeste. L'importanza del lavoro come strumento per uscire dalle crisi mi è stata inoculata da mia madre, che mi ha sempre parlato delle situazioni difficili della sua vita e di come ne fosse uscita concentrandosi su quello che c'era da fare. Non sempre è un meccanismo sano: a volte spinge ad essere super-produttivi per non affrontare le emozioni che si stanno provando, sostanzialmente perché si ha paura di perdere il controllo di sé stessi se ci si lascia andare. Però, se si impara a gestirsi e a non avere troppa paura di perdersi, è senz'altro un meccanismo che favorisce la resilienza.

A - Dunque, entrando più nel dettaglio di questo tuo ultimo lavoro, se il Dr. Li è stato il primo ad aver suonato l’allarme agli albori della diffusione del Coronavirus in Cina, qual è stato il campanello che ti ha fatto pensare a diffondere questa storia? E, ancora, cosa ti ha fatto sentire l’esigenza di farne una favola per bambini e non solo?

F - La rivista Grazia mi ha contattato per chiedermi di scrivere una fiaba per bambini sul coronavirus. La richiesta è arrivata in un momento in cui avevo avuto un litigio doloroso con alcune persone a me care a causa delle teorie del complotto sulle origini del virus. Sono particolarmente sensibile al tema delle fake news e mi ferisce profondamente il fatto che alcuni politici senza scrupoli mettano in giro teorie fondate sull'ignoranza e la paura per strumentalizzare la vulnerabilità di noi umani. Mi sono chiesta che cosa si portassero a casa da questa esperienza i bambini che in questi giorni sono esposti a queste teorie balzane, che puntano a rendere le persone diffidenti nei confronti della scienza, di qualsiasi autorità, della politica, a ragionare in termini di "noi" e "loro". In questo schema assurdo in cui chi ha il potere sono sempre "loro", e "noi" siamo sudditi, inermi, e non sapremo mai come stanno davvero le cose. Come potevo cercare di proteggere quei bambini da questa trappola? Ho pensato che la cosa migliore fosse offrire una bella storia basata su quello che sappiamo delle origini del coronavirus, e non nascondendo che ci sono ancora tante cose che non sappiamo. Così ho scoperto la storia del Dottor Li, che mi è sembrata perfetta per celebrare l'importanza della scienza e dell'educazione in un momento così delicato.

A - Seguo con interesse le tue iniziative sempre rivoluzionarie nell’ambito di un settore come quello dell’editoria, che nel nostro paese è spesso refrattario a voltare pagina, e credo davvero tu sia stata capace di farlo, non solo attraverso l’utilizzo dei mezzi più attuali e purtroppo poco sfruttati, ma anche e soprattutto per la scelta di rivolgerti alla generazione del prossimo futuro: i bambini. Mi piacerebbe sapere com’è nata la tua passione per la pedagogia e se c’è qualcosa in particolare che ti ha fatto scegliere di dedicarti alla letteratura per l’infanzia.

F - La mia passione per la pedagogia è nata grazie all'incontro con una insegnante di danza straordinaria, Raffaella Giordano. Non era un corso per bambini, era un corso per giovani danzatori e io sono rimasta rapita dal modo in cui Raffaella guardava noi allievi. Senza giudicarci, ma pronta a testimoniare il nostro atto creativo con una apertura che non avevo mai visto prima. Era uno sguardo che ci lasciava liberi di diventare e ci accompagnava nell'atto di generazione di sé che è crescere. Da quando ho finito quel percorso, ho sempre voluto riprodurre quella dinamica. Quando mi è stato offerto di insegnare teatro a due classi di bambini, ho capito che era bellissimo applicare quel metodo a gli esseri umani che ne hanno più bisogno, i più piccoli, che - crescendo - inventano non solo se stessi, ma anche il mondo che verrà.

A - Nell’ambito della letteratura per l’infanzia, oltre a quello dello scrittore, un lavoro fondamentale è quello svolto dall’illustratore e anche la veste grafica assume grande importanza: ne Il Dottor Li i bellissimi disegni sono di Claudia Flandoli, mentre il progetto grafico è a cura di Samuele Motta. Per il tuo best seller Storie della buonanotte per bambine ribelli – bellissimi racconti di vita di donne esemplari, tradotto in ben 48 lingue – le illustrazioni erano state affidate a varie artiste provenienti da tutto il mondo. Hai sempre uno stesso gruppo di collaboratori, in questo senso, o ti piace avvalerti della partecipazione di disegnatori e grafici diversi a seconda del progetto?

F - Lavoro con Samuele Motta da quasi dieci anni. Ormai ci conosciamo molto bene, personalmente e lavorativamente, e siamo molto veloci nel capirci e nel trovare le soluzioni migliori per ogni singolo progetto. Per quanto riguarda le illustratrici, lavoro quasi sempre con persone diverse perché - secondo me - ogni progetto ha bisogno di qualcosa di molto specifico. Quando penso a una storia, inizio a visualizzare il libro e poi cerco un'artista il cui stile sia in linea con il modo in cui mi sto immaginando il progetto finito.

A - Prima con Timbuktu, la rivista nata per iPad e strutturata per aree tematiche – rivolta appunto ai giovani lettori – e ora con il tuo ultimo lavoro de Il Dottor Li, hai (avete) optato per la piattaforma digitale e non per quella cartacea. Nel secondo caso, naturalmente, immagino che la scelta sia stata quasi del tutto guidata dalla situazione attuale e quindi dall’impossibilità di diffondere in maniera immediata e capillare il libro stampato. Ma, al di là di questo, la tua predilezione per il formato digitale ha a che fare con la necessità e il desiderio di pensare a un nuovo modo di leggere per l’ultima generazione di oggi e quindi per chi deciderà l’andamento di questo settore, domani? Se è così, quali sono le motivazioni che più ti stanno a cuore?

F - Credo che il digitale giochi un ruolo fondamentale nell'editoria e che - ancora oggi - la maggior parte degli editori del mondo non lo abbia capito fino in fondo. Quando si parla di editoria digitale si pensa agli e-books, agli audiolibri, ma per parafrasare Zygmunt Bauman, si dovrebbe ormai parlare di "editoria liquida". Quello a cui assistiamo quotidianamente è il tentativo di usare il digitale per riprodurre le stesse dinamiche del rapporto tra libri e lettori che c'era prima dell'avvento dei social media, prima della diffusione così capillare di internet. Questa è - secondo me - una battaglia persa in partenza. L'editoria liquida è un ripensamento del ruolo dell'editore oggi. Come si fa a raccogliere intorno a sé comunità di lettori? Come si fa a far viaggiare idee che possono ispirare le persone e magari anche cambiare il mondo? Come si costruiscono piattaforme che possano amplificare voci importanti che magari non trovano spazio altrove? Gli editori devono essere capaci di muoversi in modo infinitamente più dinamico e di abitare spazi che non sono quelli tradizionalmente occupati dal "mondo della cultura". Il "mondo della cultura" in larga parte non esiste più o quantomeno non ha il tipo di impatto che chi se ne sente parte vorrebbe avere. Io non amo il vittimismo e non amo fare le cose "come se" il mondo fosse diverso da quello che è. Certo che bisogna investire di più nella cultura (io trovo raccapricciante l'idea che nella fase 2 di questa emergenza il paese "riparta" senza la scuola), certo che bisogna investire nella scuola e considerare la lettura come un valore nazionale, da proteggere e promuovere. Ma bisogna anche non nascondersi dietro un dito. Dobbiamo prenderci le nostre responsabilità e chiederci che cosa stiamo sbagliando se così tanti italiani trovano i libri così poco rilevanti nella propria vita. Credo che il mondo dell'editoria sia ingessato - in molti casi - da uno snobismo che è dettato dalla paura di scomparire. Quella paura va guardata in faccia e bisogna tornare alle radici del perché oggi più che mai c'è bisogno di autori, di editori, di libri, e soprattutto (non dimentichiamocelo) di lettori. Bisogna rimettersi alla lavagna e progettare un sistema che funzioni meglio per tutti. Se continuiamo ad avere come obiettivo principale la sopravvivenza del modo conosciuto di fare le cose, invece che il ruolo fondamentale che la lettura ha nel cambiamento del mondo, siamo destinati a diventare sempre meno rilevanti. E a privare il mondo di una risorsa fondamentale.

A - Francesca, grazie ancora per averci dedicato questo spazio. Ti rinnovo i complimenti e soprattutto ti faccio tantissimi auguri, con la speranza che questo tuo ultimo lavoro, e tutti quelli futuri, possano arrivare lontano, nelle librerie e tra le mani delle famiglie di tutto il mondo, sempre che sia possibile che viaggino ad una velocità ancora maggiore. Colgo l’occasione, a tal proposito – da traduttrice che sono, mi pare doveroso! – per ringraziare la rete di persone che si sono adoperate a trasporre tanto velocemente la tua opera in svariate lingue straniere, di modo da renderla fruibile ovunque.

Ricordiamo che Il Dottor Li e il virus con in testa una corona è scaricabile gratuitamente al seguente link.