Respublica superiorem II - Diario di una gara

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1 aprile 2017: la sveglia suona relativamente presto per i miei standard; sono le otto del mattino e oggi è un giorno speciale per il quale molti amanti dello scatto fisso stavano facendo il conto alla rovescia già da tempo; oggi si corre la Respublica superiorem II
.Il mio corpo capisce che quello sarà un giorno particolare quando per colazione gli viene servito un piatto di pasta scondita (i consigli del mio buon vecchio coach Carratta non vanno mai trascurati). Devo ancora preparare un sacco di cose in previsione della trasferta.

La Respublica superiorem è infatti una gara per biciclette a scatto fisso rigorosamente senza freni (brakeless) che si tiene a Genova. La prima gara di questo tipo fu organizzata nel 2014 dai ragazzi di Zenadrome[1]. L’evento fu un successo, ma, l’anno successivo, per motivi non molto chiari, non ebbe luogo. Nel 2015 molti membri di Zenadrome si allontanarono dalla crew, molti altri si avvicinarono ad essa. I ragazzi di Rapallo, della crew TBTW[2], che già in precedenza gravitavano intorno alla scena delle bici fisse presero le redini della situazione e, dopo qualche riassestamento all’interno del gruppo, diedero vita a quello che attualmente è la colonna portante dello scatto fisso in Liguria: SCVDO Genova[3]. Nel 2016 si ebbe quindi la prima edizione di Respublica Superiorem, una gara unica nel suo genere: non è una vera e propria alleycat[4] poiché il tracciato ci era già noto in precedenza. Non è una criterium poiché non si corre in un circuito, non è neppure una velocity perché in parte la si corre nel traffico e in salita. Insomma, un mix di caratteristiche proprie solo ed esclusivamente di questa gara (una gara simile può essere la Fat Ass torinese). Per questi motivi la gara ha mobilitato ciclisti da ogni dove, molti dei quali aspettavano di misurarsi nell’impresa dall’anno precedente.

Nel mio caso invece è la prima volta che decido di sfidare il dislivello della mia terra natale. L’impresa sembra essere tutt’altro che semplice: siamo già stati messi in guardia dai ragazzi di SCVDO che dovremo percorrere circa 50 chilometri totali, di cui molti in salita per un dislivello complessivo di circa 1500 metri, altrettanti in discesa e una parte minore nel traffico cittadino. Per questo comincio a ingurgitare carboidrati fin da quando apro gli occhi, in modo da digerirli in tempo per la partenza e avere così energia a rilascio lento durante la gara. Il meteo ci è favorevole: si preannuncia una bellissima giornata. Infilo un paio di pantaloncini e una maglietta e sono pronto a partire. Metto giusto un ricambio nello zaino e gli attrezzi per settare la bici e sono in sella. Devo raggiungere il mio fido compare Marco e andare con lui a Stupinigi, dove ci aspetta Riky che ci traghetterà con la sua spaziosissima auto fino a Genova. Mettiamo la mia bici sul tetto e le altre due smontate nel bagagliaio e ci prepariamo al decollo.

Il viaggio è tranquillo e scorre veloce grazie alle chiacchiere. Nessuno di noi sembra essere teso per l’evento; più che altro felici e impazienti di misurarsi con gli altri biker su un tracciato così particolare.

Riky ha una sorta di gps interno per cui gli bastano un paio di occhiate al telefono per trovare il luogo di ritrovo. Dopo aver parcheggiato dobbiamo decidere effettivamente che cosa portarci dietro durante la gara: correre con lo zaino è fuori discussione. In una borraccia metto gli attrezzi per un eventuale cambio di camera d’aria. Un’altra la riempio d’acqua, indispensabile e di vitale importanza soprattutto in una gara del genere. Infilo il telefono nella terza tasca del jersey tecnico e sono pronto a partire. Non potrò più cambiare rapporto fino alla fine della gara quindi scelgo quello che mi sembra il miglior compromesso per affrontare un percorso così variegato: ho una corona da 48 denti quindi monto un pignone da 17 in modo da non faticare troppo in salita. Ok, adesso siamo pronti, ci spostiamo alla griglia di partenza.

Lì troviamo volti noti e meno noti. Si scambiano quattro chiacchiere con vecchi amici che non si vedono da lungo tempo, qualcuno fa stretching nel prato, altri mangiano barrette energetiche o bevono bibite stimolanti. Butto giù una RedBull e che Dio me la mandi buona. Finalmente arriva l’ora della partenza, indicata dall’esplodere di un petardo.Siamo tutti raggruppati in un’aiuola quando vediamo il segnale della partenza: inizia il parapiglia. Si corre tutti insieme verso le bici, si salta in sella il più velocemente possibile e si decolla verso il primo checkpoint. Questo è uno dei momenti più delicati, bisogna stare particolarmente attenti a non urtare gli altri concorrenti in uno spazio molto ridotto. Preferisco partire con un po’ più di tranquillità e prudenza, ma evitare la fiumana di gente compressa nella piccola strada per uscire dal parco. L’importante è non perdere il gruppo di testa.

Arrivo quindi in vetta e, stupidamente, penso che il peggio sia ormai passato: mi sbaglio. Ho le gambe affaticate dalla salita, la braccia e le spalle doloranti per lo sforzo che ho appena compiuto stando in piedi sui pedali, e mi ritrovo a dover affrontare una discesa a picco sul mare. Chi ha mai usato una bici fissa senza freni sa cosa vuol dire. Lo sforzo per non acquistare troppa velocità e perdere così il controllo della bici è enorme. Una fontana mi appare come se fosse il Messia. Ne approfitto per dissetarmi, visto che avevo finito la ma borraccia durante la salita, e per riposare qualche minuto le braccia che, costantemente in tensione, mi tremolavano come foglie. Vengo raggiunto da un paio di ragazzi con i quali rimarrò fino a fine gara. Anche in questo caso una manna dal cielo perché da lì in poi non avevo più idea della direzione da prendere. Ci aspetta un altro breve tratto nel traffico e poi di nuovo su in salita: siamo sfiancati. Tagliamo un tornante facendo una scalinata con le bici in spalla e poi tentiamo di ripartire. La scena drammatica probabilmente impietosisce un automobilista che abbassa tutti e quattro i finestrini e ci offre di trainarci per l’ultimo tratto di salita. Ci guardiamo negli occhi e pensiamo: ”in un’alleycat tutto è lecito” e via, tutti aggrappati alla nostra ammiraglia, come se fosse uno skilift. Arrivati in cima ringraziamo e salutiamo il nostro salvatore e ci avviamo verso il traguardo. Affrontiamo ancora un paio di discese e un breve tratto nel traffico e, dopo qualche giro a vuoto a causa di una strada errata, scorgiamo finalmente la piazza dell’arrivo.

Ci catapultiamo al traguardo per consegnare i nostri manifest in modo da testimoniare di essere passati da tutti i checkpoint che ci erano stati indicati in precedenza e poi stramazziamo al suolo. Per fortuna i ragazzi di SCVDO ci fanno trovare casse di birra ghiacciata e vassoi di pizza e focaccia per rifocillarci: sembriamo avvoltoi su una carcassa da contendersi.

Incontro Riky e Marco che hanno concluso la gara un po’ prima di me e iniziamo a scambiarci opinioni e considerazioni a caldo sulle nostre prestazioni. Il risultato è che siamo tutti molto soddisfatti. Per me in particolare anche il solo fatto di aver concluso una gara così impegnativa è stato un traguardo enorme. Sto vedendo le mie prestazioni migliorare col tempo e grazie ad allenamenti e sacrifici sono riuscito nuovamente ad alzare ancora un po’ l’asticella dei miei limiti. Il mio corpo ha reagito bene allo sforzo, soprattutto le gambe che non mi hanno abbandonato prima del necessario nonostante la fatica. L’unico rimprovero lo posso fare alle spalle e alle braccia che probabilmente non ho tenuto abbastanza in considerazione durante gli allenamenti e che mi hanno rallentato durante le discese. Nel complesso però sono molto contento e quindi mi godo le premiazioni senza rimpianti.

Sul podio vediamo: in terza posizione Luri di Bici Couriers da Milano; al secondo posto Mr. Ohm (tra i favoriti fin dall’inizio); e infine, al primo posto, l’immenso Alessandro Bruzza, direttamente dal team Cinelli Chrome, che non disdegna alternare le criterium che corre con il team a qualche alleycat, soprattutto se è nella sua Genova. Riky chiude ottavo, mentre io mi rendo conto di essere arrivato sedicesimo e di aver lasciato dietro una trentina di persone. Marco purtroppo è fuori classifica perché aveva deciso di tenere montato il freno anteriore, ma non importa, siamo tutti col sorriso stampato in faccia.

Pian piano l’adrenalina cala, iniziamo a sentire la fatica accumulata durante il giorno e i vari dolori che iniziano a fare capolino. Decidiamo quindi di salutare tutti e avviarci alla macchina.

Come mi siedo sul sedile sento un torpore pervadermi ed entro in una specie di trance che perdura fino a Torino. Chiacchiero con gli altri per inerzia, con una sorta di pilota automatico. Mi chiedo ancora adesso dove Riky abbia trovato la forza e la concentrazione per riportarci fino a casa. Quando arriviamo alle porte di Torino veniamo colti da un temporale. Poco male: scarichiamo le bici allo stadio, salutiamo Riky e iniziamo a pedalare sotto la pioggia pensando che la doccia, più tardi, sarà ancora più piacevole.



Le foto sono state scattate da F. Bartoli, C. Redaschi, S. Galliani che ringrazio.

 


[1] https://www.facebook.com/Zenadrome-1623132881246858/?fref=ts

[2] https://www.facebook.com/Track-Bike-Total-War-824042750979502/?fref=ts

[3] http://www.scvdogenova.com/

[4] https://www.jonaeditore.it/index.php/in-bici/item/135-alleycat-adrenalina-e-asfalto.html