Articoli filtrati per data: Maggio 2017

Breton, ne il manifesto del surrealismo del 1924 delineò due gruppi, quelli che la pensavano come lui e quelli che non la pensavano come lui. Quelli che la pensavano come lui era dentro il movimento surrealista, quelli che non la pensavano come lui erano fuori. Ora, questo agli occhi di molti storici è risultato un atto dittatoriale, soprattutto se messo a confronto con l’anarchia che regnava tra i dadaisti. Ma, a prescindere dalla giustezza del metodo, se non si è venditori di prodotti in un negozio che per campare offre dalle sigarette al dentifricio, una corrente di pensiero deve avere un fine comune a tutti quelli che dichiarano di esserne parte.
Jona Editore, nasce da un pensiero paradossale. Vedere le cose in un’altra prospettiva e chiamare a raccolta chi vede le cose in un’altra prospettiva. Quindi non conta troppo un pensiero intelligente, se già sentito mille volte, conta un pensiero mai sentito, mai letto, mai scritto. Perché in ogni caso, un pensiero non letto, non sentito e non scritto è, semplicemente, un qualcosa che noi avevamo da qualche parte e che non sapevamo trovare. Questo, per noi, è un romanzo. Un qualcosa che da qualche parte avevamo, ma che non sapevamo trovare.
Grumo di polvere è il libro d’esordio di Mara Genotti Brat. Le avventure di un gatto in cerca di casa. Fin qui, roba già sentita, diciamolo. Però è scritto in prima persona. Anche qui, roba vecchia. Ma dalla prospettiva del gatto. L’io narrante è Grumo di polvere. E, questo gatto, che ci commuove, che viene abbandonato, che lotta, che si dispera, che odia e ama, è la prospettiva di Mara Genotti Brat. E, a leggerlo bene, questo libro, verrebbe da pensare: ah, sì, è qualcosa che avevo, ma che non sapevo come andare a trovarlo.
E allora, per tornare a Breton (e alla suo scrittura meccanica), Grumo è l’idea paradossale della nostra casa editrice. Ed è bello, brutto, antipatico, a volte goffamente spietato, e infinitamente vivo. Mara ha dato forma a un pensiero con la forma di un gatto. E questo gatto è, semplicemente, una parte di noi non ancora vista. Bella, brutta, da capire.
Al link la possibilità di acquistarlo.

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Al canile sanitario di Lecce, in questo periodo, arrivano ogni giorno dei cuccioli in cerca di famiglia.
Loro hanno appena cinquanta giorni e si spera nono debbano crescere dentro ad una gabbia. Saranno una futura taglia media e verranno affidati microchippati e vaccinati previo colloquio conoscitivo. Per informazioni potete contattare il numero 320.0707727

Lui si chiama Splash.
Splash è arrivato al canile di Aprilia (LT) curato e con al collo un collare, ma senza microchip; per giorni i volontari hanno sperato che qualcuno tornasse a cercarlo, ma così non è stato e Splash, dentro quella gabbia, si deprime sempre più.
Splash è un cane di taglia piccola di circa un paio di anni. Si trova nel Lazio, ma per una buona adozione può arrivare in tutto il centro e nord Italia.
Per informazioni potete contattare Vanda (347.4874804), Paola (331.4833716) oppure scrivere una e-mail all’indirizzo: gliamicidibirillo@gmail.com

Lei invece è Paola
Paola è una cagnolina di solo un anno che però è molto timida nei confronti delle persone. È molto buona e ha bisogno di una famiglia che le dia il tempo di fidarsi. È sterilizzata e gode di ottima salute. Si trova anche lei al canile di Aprilia (LT), ma per una buona adozione può arrivare in tutto il centro e nord Italia. Per informazioni potete contattare Vanda (347.4874804), Rita (339.4572007) oppure scrivere una e-mail all’indirizzo: gliamicidibirillo@gmail.com

Lui è Teddy.
Teddy arrivò in canile anni fa e da allora nessuno l’ha notato.
Il passato di Teddy non si conosce, ma gli ha lasciato delle cicatrici sul corpo. Ha circa undici anni e molto bisogno di una famiglia che lo ami e lo faccia dormire al caldo per il resto della sua vita. Si trova a Viterbo, cammina bene al guinzaglio e va d’accordo con i cani femmine. Si occupa di lui l’associazione La voce del cane e per informazioni potete contattare Margherita (347.4374795), Elisa (339.6248693) oppure Eleonora (340.9644767). 

Il suo nome è Oscar.
Oscar proviene da un canile lager da cui per fortuna è stato presto tratto in salvo.
Ha solo sedici mesi, pesa quattordici chili ed è buono con tutti i suoi simili. Esuberante appena viene lasciato libero, si rattrista indicibilmente quando deve tornare nel suo box. Si trova a Napoli e verrà affidato in tutto il centro e nord Italia previo colloquio preaffido. Per informazioni potete contattare Anna Amoroso al numero 320.8487544
Qui potete vedere un suo video. 

Lei si chiama Molly.
Molly è stata recuperata che correva spaventata tra le auto.
Ha solo quattro o cinque mesi, è buona e socievole con tutti. Si trova in pensione a Palermo, ma è adottabile in tutta Italia previo colloquio preaffido. Sarà affidata in salute, vaccinata e microchippata. Per informazioni potete contattare Maddalena Zerbo al numero 327.1553454

Lui è Biscotto e neppure gli otto anni di canile sono riusciti a portagli via il buonumore.
È un cane affettuoso e buono con tutti. Si trova al canile di Nocera Inferiore, ma per una buona adozione può arrivare in tutto il centro e nord Italia.
Per informazioni potete contattare Federica D’Angelo al numero 327.8374575

Questa nuvola di pelo si chiama Candy.
Candy è una femmina di tre anni, sterilizzata e vaccinata. È vivace e molto intelligente.
Si trova in stallo a Perugia e per informazioni potete contattare Francesca Paxia al numero 339.6390998

Lui si chiama Oscar.
Oscar vive da otto anni con la sua famiglia, ma non sa che nella prossima casa in cui i suoi proprietari andranno a vivere, non è previsto un posticino per lui.
Gli hanno dato due settimane di tempo per trovare una nuova sistemazione, altrimenti lo lasceranno in canile. Oscar si trova a Perugia e anche di lui si occupa Francesca Paxia. Per informazioni potete contattarla al numero 339.6390998

Memole è entrata in canile da cucciolina e sta ancora aspettando qualcuno che la adotti.
Ha un anno, pesa sette chili, è socievole con i suoi simili, vivace e affettuosa.
Si trova al canile sanitario di Lecce e per informazioni potete contattare il numero 320.3666893

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Sabato 27 maggio

-       dalle ore 10 alle 19
presso lo studio “Bitter ink”
in via Risorgimento 21, a Trezzo sull’Adda (MI);
Ci sarà un “walk-in day” a favore del canile di Grignano. Per questa occasione, potrete scegliere di farvi tatuare uno dei tantissimi disegni disponibili a 60 euro, che verranno donati (escluso il costo del materiale) all’associazione Milano Zoofila Onlus. È la giusta occasione per farvi e contemporaneamente fare un regalo ai cani meno fortunati.

-       dalle 14 alle 19
da piazza XVIII dicembre al parco Michelotti, a Torino;
Ci sarà un grande corteo promosso dalle maggiori associazioni animaliste e ambientaliste per dire NO AGLI ZOO e alla privatizzazione del suolo pubblico, in questo caso specifico, del Parco Michelotti di Torino. Trent’anni fa veniva chiuso lo zoo di Torino ma oggi, la giunta comunale, è intenzionata a portare avanti un progetto di riapertura, che vedrebbe nuovamente animali rinchiusi nelle gabbie.
Siete tutti invitati a partecipare.

-       dalle 16,30 alle 24
presso il “Benicio Live Gigs”
in via Eligio Porcu 63, a Giavera del Montello (Tv);
Ci sarà una giornata di beneficenza e solidarietà a favore degli attivisti e delle attiviste che il 20 aprile 2013 occuparono gli stabulari del Dipartimento di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano e che salvarono la vita di centinaia di animali. Il 28 aprile di quest’anno ha preso il via il processo a loro carico e in questa occasione tutto il ricavato andrà a sostenere le spese processuali.
Si inizierà con un dibattito sulla vivisezione, per continuare con un aperitivo a buffet e finire con vari concerti.
Per ulteriori informazioni, potete dare un’occhiata qui all’evento Facebook.

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Da oggi è possibile prenotare, con un bello sconto,  il libro del Santone dello Svapo. Libro che sarà disponibile a partire dal 10 giugno, qui sul sito e in quasi tutti gli store online.
Siamo molto orgogliosi, Matteo (Il santone) è senza ombra di dubbio il primo recensore di sigarette elettroniche d'Italia e uno dei più importanti e seguiti del mondo.
Grazie a lui migliaia di persone hanno smesso di fumare e hanno conosciuto un nuovo mondo, fatto di salute e di passione.
In questo primo ebook impareremo a conoscere il personaggio e la persona, inizieremo a capire i sistemi di svapo e a come smettere di fumare; Matteo ci dirà come ha iniziato, che sistemi c'erano anni fa e come si sono evoluti. Tra qualche mese, in un altro ebook, vedremo sistemi più complessi e tanto altro ancora. Concluderemo a fine anno con un volume cartaceo che conterrà il tutto e altre gradite, sorprese.
Renzo Semprini Cesari, che tutti noi conosciamo per Zeppole e Nuvole, ha curato il libro. Libro che inizierà con una lunga intervista a Matteo, di cui mettiamo qui una piccola parte e, a finire, il link per il preorder.

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Lei è Apple.
Apple è una amstaff di un anno e mezzo, coccolona e giocherellona.
Recuperata magra e piena di escoriazioni, oggi è finalmente pronta per essere adottata. È affettuosa con le persone e compatibile con i cani maschi equilibrati. Apple verrà affidata microchippata, vaccinata e sterilizzata previo colloquio conoscitivo. Si occupa di lei l’associazione FreeDog e per informazioni potete contattare Irene (347.6676956) oppure Alessandra (331.9963919) 

Lui invece è Cocky.
Cocky ha circa quattro anni e vive in canile da quando è nato.
Adorabile con le persone, non sopporta invece i suoi simili per cui si cerca per lui una famiglia che lo adotti come “figlio unico”.
Anche se dal manto assomiglia a un maremmano, le sue zampe sono corte e pesa solo quindici chili.
Si occupa l’associazione FreeDog e per informazioni potete contattare Irene (347.6676956) oppure Alessandra (331.9963919) 

Lui è Canton.
Canton entrò in canile nel lontano 2004 e da allora aspetta qualcuno che lo porti a casa con sé.
Nonostante abbia circa quattordici anni, Canton è ancora pieno di energie e vitalità. Mal sopporta la gabbia e spesso si ferisce; meraviglioso con le persone, si trova a Roma e si occupa di lui l’associazione Cucciolissimi Onlus
Per informazioni potete contattare Eleonora Palazzetti al numero 347.1911259 oppure scrivere un’e-mail all’indirizzo: eleonora.palazzetti@gmail.com
Il numero di matricola di Canton è 1166-04

Il suo nome è Ryan.
Ryan è uno splendido cane da montagna dei Pirenei che, dopo aver morso una persona, stava per essere soppresso. Per fortuna l’associazione Adotta un maremmano Onlus ha deciso di prenderlo sotto la propria ala e di iniziare con lui un percorso comportamentale finché non sarà pronto per essere adottato. 
Sarebbe bello se qualcuno decidesse di credere ancora in lui e di dargli una seconda possibilità. Se invece voleste aiutarlo nel suo recupero, trovate qui la lotteria organizzata apposta per coprire le spese. 
Per avere ulteriori informazioni, potete contattare Fausto Missaglia al numero 340.5825513

Il suo nome è Musa.
Musa ha solo quattro anni, ma il canile le sta portando via la gioia di vivere, l’appetito e la speranza di una famiglia. Soffre il freddo e quando un volontario entra nella sua gabbia lei quasi lo abbraccia. Cerca urgentemente qualcuno che la ami e la coccoli. Musa è il cane perfetto: è buona con le persone e va d’accordo coni suoi simili, è dolce, educata e delicata. Si trova al canile di Gioia del Colle (Ba), ma per una buona adozione arriverà ovunque in Italia tramite staffetta. Per informazioni potete contattare i numeri 340.3041064 oppure 320.7999492

Lui è il piccolo Sogno.
Sogno è probabilmente un incrocio beagle di quattro anni. Ha un carattere meraviglioso e va d’accordo con tutti gli altri cani. È sano, castrato e vaccinato. Anche lui si trova al canile di Gioia del Colle (Ba), ma può arrivare in tutta Italia previo colloquio preaffido.
Per informazioni potete contattare i numeri 340.3041064 oppure 320.7999492

Il suo nome è Charleene.
Charleene sta cercando un’altra famiglia perché la sua sta passando un periodo davvero difficile e non riescono più a dedicarle il tempo che merita.
Charleene ha quattro anni, è in salute ed è abituata a vivere con i bambini. Si trova in provincia di Torino e per conoscerla potete contattare Mariantonietta Cariati al numero 329.3864839

Lui è Aron.
Aron è un simpatico micio di soli dieci mesi, castrato e in ottima salute.
Attualmente si trova in stallo a Torino da una volontaria che lo descrive come un gatto curioso e vivace, che alterna corse folli a momenti di tranquillità ricchi di fusa.
Per lui si cerca una famiglia che abbia altri gatti con i quali possa sfogarsi e giocare. Si occupa di lui l’Associazione Le Sfigatte e per informazioni potete inviare una mail di presentazione all’indirizzo adozioni@lesfigatte.org oppure scrivere un messaggio al numero 338.5378900 e sarete ricontattati. 

Lui è Vladimir.
Vladimir è un meraviglioso cucciolo di quattro mesi, futura taglia grande.
È buono con le persone e socievole con gli altri cani. Si trova in Calabria, ma per una buona adozione può arrivare in tutto il centro e nord Italia, già vaccinato e microchippato.
Per informazioni potete contattare Paola Fagnani al numero 338.9789730

Lui è il giovane Milik.
Milik ha solo sette mesi, adora giocare con i bambini e va d’accordo con tutti i cani. Pesa solo dieci chili e attualmente si trova in stallo a Torino. È sano, vaccinato e castrato.
Si occupa di lui Silvana Martone e per informazioni potete contattare Silvia al numero 393.3900297 

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L’articolo di questa settimana è un po’ particolare, soprattutto perché non ha la forma descrittiva di un evento o di un componente, bensì è un’intervista. Vi presento una persona che ho avuto il piacere di conoscere anni addietro e che probabilmente alcuni lettori già conosceranno.

Riky, al secolo Riccardo Volpe, è un volto noto della scena ciclistica italiana e non. Classe 1976, è uno di quelli che ne combina di tutti i colori da parecchi anni, uno degli incorreggibili che hanno tenuto duro e che pedalano da quando la mia generazione era ancora in fasce. Non ha un vero e proprio habitat naturale: lo si può trovare in un velodromo come su strada, ma anche nei boschi, su strade sterrate, ghiaiose o acciottolate.

N: Riky, raccontaci i tuoi primi approcci con il mondo del ciclismo. Quando hai iniziato e con che bici?

R: A parte l’infanzia, sono capitato per età nel momento esatto dell’esplosione del fenomeno mountain bike in Italia. Tutti sognavano la Cinelli Rampichino ed io all’epoca mi accontentai di una buona mtb (un milione di lire dell’epoca eran tanti soldi). Pensa che il telaio ce l’ho ancora oggi e l’ho convertito da passeggio! Bici pesantissima ma ottima e con acciaio di qualità. Con questa bici assaporai le prime avventure in montagna; all’epoca abitavo in alta Valsusa. Un giorno mio zio Paolo mi portò con lui a fare un giro con la bici da corsa; mi prestò una sua vecchia bianchi, ovviamente non della mia taglia, 5 rapporti e 42 come corona più piccola! Beh, che tu ci creda o meno, ho ancora perfettamente in mente ogni attimo di quel giro: la scorrevolezza dei tubolari, la facilità con cui prendeva velocità rispetto a quel carrarmato di mtb, la sua leggerezza a confronto della mia bici mi fecero innamorare! Da allora a momenti alterni non ho più smesso di pedalare, ma diciamo che è negli ultimi dieci anni che la passione ha preso il sopravvento su tutto o quasi.

N: Come è cresciuta e come si è sviluppata la vera passione per il ciclismo? Come definiresti la strada che hai intrapreso oggi?

R: È cresciuta proprio in questi ultimi dieci anni, complice un trasferimento per lavoro e un ritrovato tempo libero, qualche amicizia giusta che rinvigorisse la fiamma della passione e la costanza nel pedalare che ha portato a riscontrare i primi progressi. Il bello non è tanto andar forte, ma piuttosto pianificare un giro lungo quanto vuoi e con quanto dislivello vuoi e non aver timore di portarlo a termine e di divertirti nel farlo. Ecco questa è la grande dote che l’allenamento ti dà. Oggi ho ancora tantissima curiosità per le cose che si possono fare in bici, non ho voluto focalizzarmi su nulla in particolare proprio per tenermi aperte tutte le possibilità, sia nei giri in scatto fisso sia nelle avventure su strade ghiaiose e polverose. Ecco, qui sta un po’ la nuova frontiera (abilmente fiutata dal mercato ciclistico infatti) in cui intendo sfidare me stesso. Una piccola avventura di più giorni sulle strade sterrate delle Alpi Occidentali che sento molto “mie”, ma abbiamo tempo per parlarne ancora!

Potreste chiedervi perché ho scelto proprio Riccardo per questa intervista. Ve lo spiego subito. Innanzitutto è una persona squisita. L’ho conosciuto circa tre anni fa, durante un’uscita in bici organizzata da alcuni amici in comune. Io ero ancora alle prime armi e quell’uscita mi rimase impressa per due motivi in particolare: il primo perché feci una fatica che provai poche altre volte nella vita; la seconda per la disponibilità e la gentilezza di Riccardo. Ricordo che gli altri amici mi avevano raccontato alcuni aneddoti su di lui, tra cui la collaborazione con Cinelli e la sua carriera in circuito, per cui io me lo ero figurato come un professionista con la puzza sotto il naso, spocchioso e superbo come molti altri ciclisti con cui avevo avuto a che fare. Niente di più sbagliato. Riccardo è tutto il contrario: è disponibile, paziente, umile e alla mano. Nonostante le sue ottime prestazioni non si è mai montato la testa, è schietto e semplice e diretto, mai megalomane o egocentrico. Credo che mi abbia colpito proprio per queste sue caratteristiche.

Dopo quell’uscita abbiamo fatto passare molto tempo prima di rivederci, anche perché io nel frattempo mi ero trasferito a Bologna. Tuttavia, una volta tornato a Torino, abbiamo riallacciato i rapporti. Prima era solo una fonte d’ispirazione, ora è innanzitutto un amico.

N: Scommetto che non sapevi nemmeno tu di questi retroscena! Ti ci ritrovi? Ti ho descritto bene oppure ho preso un granchio?

R: Beh, hai esagerato! Alla fine, da buon ciclista, ci tengo sempre a far quel pizzico in più degli altri. Però amo condividere quel poco di esperienza che mi sono fatto, veder crescere gli amici in questa passione mi gratifica moltissimo!

Da questa amicizia deriva anche questa collaborazione. Ebbene sì, è ufficiale: Riky sarà l’autore della prefazione del mio libro Mess Life che uscirà per Jona Editore. E questo è il secondo motivo per cui abbiamo deciso di intervistarlo. Iniziamo a farci un po’ di fatti suoi per davvero.

N: Il ciclismo, come lo intendi tu, è sicuramente un modo per divertirti. C’è qualcosa di più? Ti sei prefissato degli obiettivi? Quali sono i motivi per cui lo fai?

R: Assolutamente! Il divertimento deve essere alla base di tutto; lo stare bene nel momento esatto in cui stai facendo quella cosa è fondamentale. Per quello non mi prefiggo obiettivi, nel senso non mi dico ad esempio “voglio arrivare nei primi 5 in quella tal gara” ma bensì cerco di dare sempre il meglio di me e mi alleno proprio per avere di anno in anno più consapevolezza di quel che mente e corpo possono fare insieme. I motivi? Ti rispondere alla Walter Bonatti, il celebre alpinista, quando gli chiesero che gusto c’era nello scalare una montagna, e lui riposte semplicemente “perché è là.” Ecco, credo che si vada in bici perché ci sono al mondo talmente tante strade magnifiche che provare a percorrerne una gran parte credo sia un nostro dovere morale. E la bici è quel magico mezzo di locomozione che ha la giusta velocità per farti apprezzare quanto ci sia di bello in questo piccolo pianeta.
N: Non hai mai pensato di volerne fare la tua principale attività? Secondo te si può ancora vivere di ciclismo?

R: Cavolo, questa è una domanda spinosa, un po’ come chiedere cosa vorrai fare da grande. Sì certo, mi piacerebbe moltissimo far sì che la mia passione diventasse una occupazione a tempo pieno, ma per le ragioni che ti ho detto prima, e per quelle ovviamente anagrafiche, non credo che il ciclista professionista sia mai potuto esser nelle mie corde. Diversamente il raccontare e saper fotografare le bici bene come un certo John Prolly, beh, ecco sì, quello mi piacerebbe tantissimo, chissà.

N: Sicuramente quello del ciclismo non è un mondo semplice. Ci vuole tanta dedizione, sacrificio e determinazione. Che cosa ti spinge a farlo? In che modo vengono ripagati gli sforzi che fai?

R: Iniziamo con il dire che sì è un sacrificio, ma che assolutamente non pesa! O meglio, i primi 20 minuti dopo una gara od un allenamento particolarmente duro dici: “No, mai più”, ma poi subito dopo inizi a pensare a cosa poter altro fare in sella… quindi è più la dedizione che non il sacrificio. Tutto viene semplicemente ripagato dai sorrisi che vedo alla fine delle gare con le facce da ormai tanto tempo amiche oppure, quasi meglio, quando a qualche criterium vengo avvicinato da ragazzi giovani che mi dicono che grazie a quello che scrivo e faccio anche loro hanno iniziato andare in bici, fissa o meno che sia. Ecco questa è davvero una enorme gratifica ma nel contempo mi spinge a voler fare ancora meglio. Altra cosa è avere la possibilità di collaborare con aziende di peso come Garmin, Cinelli/Columbus e Sdam che mi supportano molto nelle semplici cose che faccio e sono il motore per la mia curiosità anche dal punto di vista tecnico e dei materiali.
N: Raccontaci come sei giunto a collaborare con dei brand così importanti.

R: Con Cinelli c’è una storia tutta particolare. Venivo dalla splendida esperienza del primo anno del Cykeln Racing Team con cui corsi una splendida stagione di criterium e fummo contattati proprio dall’azienda che, dopo anni a dominar le vendite sullo scatto fisso, voleva approntare anche una buona squadra corse. Da lì ci furono un po’ di peripezie e, per motivi di tempo e gamba (ammettiamolo pure), mi fu proposto di essere non un corridore del team ma un “brand ambassador” come si usa dire oggi, ovvero un portavoce e sostenitore del marchio. Questo ha comportato per me molta più libertà di movimento per unire quelli che erano i miei progetti personali nell’ambito dello scatto fisso e il loro grande supporto. Per gli altri marchi che ti ho citato, invece, tutto nasce dal mio blog personale e dal voler raccontare quello che è la mia visione di ciclismo. Per prima mi contattò l’agenzia di comunicazione della Trek, con cui nel 2015 ebbi una splendida esperienza alle strade bianche a Siena. Poi, tramite la medesima agenzia, entrai in contatto con gli altri marchi del settore.

N: Ti alleni secondo un programma o pedali solo quando ti va?

R: Anche qui la risposta è un po’ difficile; diciamo che raramente se sono in bici da solo riesco a risparmiarmi, proprio per questa continua sfida con me stesso che ogni volta mi spinge a dare tutto. Nella brutta stagione cerco almeno una volta a settimana di fare un’uscita nella nostra classica zona industriale a Torino e fare un po’ di esercizi specifici come rilanci e partenze da fermo. Ma mi limito a quello! Diversamente su di un percorso collinare o montano è già la natura stessa dell’itinerario a farmi fare le variazioni di ritmo classiche che ogni allenamento dovrebbe comportare.

N: Quali sono i percorsi più belli che hai fatto e i paesaggi migliori che hai visto? Consiglia ai lettori qualche itinerario che ti ha colpito maggiormente.

R: Sai, alla fine sono molto legato alla mia terra e alle sue montagne quindi non posso raccontarti qui di grandi viaggi in terre lontane. Trovo quasi tutto quello che mi serve proprio qui a pochi chilometri da casa. Uno dei percorsi più belli è senza dubbio la via dell’Asietta, da fare con una bici da ciclocross/gravel, sono molto legato a quelle salite e quelle montagne ed è comunque un giro accessibile con un minimo di allenamento. Anzi, tieni d’occhio il blog perché anche se in questi giorni ha nevicato, sto organizzando un group ride proprio su quelle strade che saranno, tra l’altro, le prime parti del Torino-Nice rally di settembre.
N: Quando sei al limite della sopportazione della fatica a cosa pensi per andare ancora avanti?

R: A volte la soluzione è proprio far l’opposto, cercare di non pensare a nulla! Provare a concentrarsi sullo sforzo, sul sentire le gambe che spingono e tirano sui pedali, e pensare che ogni giro di pedale fatto è un giro in meno di pedale da fare. Quando il corpo va in riserva ho trovato che è meglio che anche la mente non sia troppo in agitazione e si concentri su cose molto elementari ma essenziali. Ecco, di solito funziona.

N: Purtroppo sappiamo entrambi quanto sia pericoloso il ciclismo. Come ti relazioni con il pericolo? Che consigli ti senti di dare a chi non utilizza la bici, anche a livello urbano, per paura delle automobili? E agli automobilisti?

R: Be’, ormai le cronache sui giornali non riescono nemmeno a far notizia se l’investito non è un personaggio noto, e invece sai bene che è un vero e proprio eccidio. Ci vuole un mix di fattori nello stare in bici in città. Io comunque cerco di andarci tutti i giorni per non perdere quella coordinazione a tre occhio-mente-corpo che trovo essenziale. In primo luogo dico una cosa che in realtà è la più difficile da attuare: non avere paura! Essere sicuri di quello che si fa ed esser determinati nel fatto che le biciclette così come i motorini e le auto hanno pari dignità nel poter stare in strada: questo è il primo passo. La seconda cosa è farsi vedere: in primis con poca luce sono necessarie sempre luci a led belle luminose e intermittenti. Poi farsi vedere nel senso che nel 90% tenere strettamente la destra (come vuole il codice della strada e come desiderano la totalità degli automobilisti che ci sorpassano) è la mossa meno idonea e si capisce molto semplicemente il perché. Primo perché la prima portiera che si apre son dolori o peggio; la seconda è che negli incroci e nelle immissioni delle auto, se il ciclista è un po’ più verso il centro della sua corsia risulta molto più visibile anche da un automobilista distratto e questo a volte fa la differenza! Se vi suonano per passare fate gli gnorri e intavolate un paio di frasi nella lingua straniera che meglio conoscete, funziona quasi sempre.

N: So che hai un blog molto seguito e che per un periodo hai scritto per Cykeln. La tua è una semplice voglia divulgativa? Come mai hai iniziato a scrivere?

R: Ritengo che l’aprire un blog sia stato semplicemente una delle idee migliori della mia vita. Avevo appena cambiato lavoro e mi ero finalmente ritrasferito a Torino dopo due anni a Milano. Avevo voglia di creare uno spazio web mio semplicemente per fissare nella memoria una serie di ricordi che temevo si cancellassero. Alla fine si è rivelata una valvola di sfogo fantastica e mi sono ritrovato letteralmente affamato di scrivere e raccontare le emozioni che provavo quando ero in sella… ed ecco qui la crescita negli anni (ormai sei) del mio piccolo blog.

N: Immagino che molto spesso ti sia trovato a contatto con i corrieri in bici della tua Torino. Cosa pensi di loro e del loro mestiere che poi è il tema principale del mio libro per cui scriverai la prefazione?

R: In realtà conosco personalmente quasi tutti i corrieri di Milano, che nascevano ed iniziavano a camminare sulle loro gambe proprio nel periodo in cui io ero lì per lavoro. Innanzitutto voglio dire che, a mio avviso, è una delle leve attraverso la quale si possono rendere migliori le nostre città. Poi negli anni ne ho apprezzato la loro evoluzione, ora finalmente sono vere e proprie aziende con una loro struttura e flessibilità a seconda dei modelli di business che si vanno affermando. Questo è una vera svolta e rende chiaro che, anche se si è passati per quella fase, ora le compagnie di corrieri non possono più esser fatte da tre ragazzi con le proprie bici ed un telefono, ma serve porsi sul mercato affinché ai grandi clienti convenga scegliere dei corrieri in bici rispetto a quelli tradizionali. Dal punto di vista dei lavoratori del pedale li stimo moltissimo, è un lavoro duro e ci va molta testa per reggere quei ritmi e per aver la costanza di restare sei ore nel traffico anche quando piove, anche quando le strade sono ghiacciate e fa buio alle 17.

N: Sei contento di contribuire a questo progetto? Pensi possa servire a qualcosa?

R: Questo progetto pensa possa esser utile come porta di accesso ad un mestiere, proprio per la capacità del libro di definire tutti i contorni di una professione vera e propria! Quindi, ok i riflessi di immagine e stile di vita, ma come altri lavori (e forse anche di più) per fare il corriere in bici ci va davvero una passione e dedizione al di sopra della media e penso che l’opportunità di avere un quadro così ben raccontato sia perfetto sia per far capire agli indecisi che non è un’occupazione semplice (magari per chi è in cerca di altro), e sia per chi è titubante a dar la classica ultima spallata e a tuffarsi nel mondo dei corrieri in bici ed entrare dalla porta principale nel ciclismo urbano.

N: Perfetto, grazie mille per l’intervista e adesso mi raccomando: buona presentazione!

Pubblicato in bici

L’acqua del fiumiciattolo scorre tranquilla, lasciando intravedere succulente prede argentee. Peccato che io non sia in grado di catturare quei pesci. Per ora mi devo accontentare di mangiarli quando si trovano appiccicati ad involucri di alluminio, stando attento a non ingoiare alcuni pezzetti di stagnola, e purtroppo spesso mi trovo a masticare più cartoccio che pesce. Gli svantaggi di rovistare nella spazzatura.

Nonostante questo, non mi scoraggio: sto crescendo, sono diventato più grande e forte e, soprattutto, sono più riposato. Passare del tempo al cimitero, senza essere travolto da ondate di colori misteriosi, mi ha rigenerato e ora sono pronto a tornare ad indagare su queste scintille che brillano in alcuni luoghi.

Già, in alcuni luoghi. Scoprire che in posti come un camposanto non vi sono scintillii di luce ha infittito l’enigma: come mai lì l’aria era trasparente e limpida, mentre in alcune abitazioni non è così? Non sempre almeno. Ultimamente ho spesso sbirciato dentro le case per cercare soluzioni al problema, imbattendomi in luci colorate, ghirigori di luce variopinti e anche in stanze spente. Lo stesso vale per le persone. L’aura che aleggia attorno ai loro corpi assume sempre un colore diverso: la mia Maria era rosa come una nuvola, mentre l’uomo che mi ha abbandonato, il suo maledetto figlio, era grigio e arido.

In passato sono stato divorato dai dubbi circa il possibile legame (o meno) che può vincolare il colore delle persone alle scintille che svolazzano in certi luoghi, ma ora mi sento più calmo, come se vivere tra le tombe mi avesse permesso in qualche modo di morire e poi rinascere: si intenderà questo quando si fa riferimento alle sette vite dei gatti? Onestamente spero di no, altrimenti vorrebbe dire che ne ho già sprecata una.

Balzo su un davanzale della casetta di periferia che sto costeggiando, attirato dalle luci che vedo filtrare attraverso il vetro. O almeno, questo è quello che mi dico: so perfettamente distinguere, ormai, i riflessi di uno schermo della televisione da quelli evanescenti che sono diventati la mia ragione di vita, e questa volta so benissimo che si tratta di una tv. Ad attrarmi su questo davanzale è stato il profumino che filtra dal vetro socchiuso.

Con il muso do una testata alla finestra, cercando in entrare nella cucina avvolta da ventate di aria fredda che non sembrano spaventare la cuoca. Probabilmente vuole lasciar uscire l’odore di fritto. Ma cosa sono quegli anellini sfrigolanti? Totani? Oh, che fame!

«Ehi, gattaccio! Vattene! Devo mettere una maledetta zanzariera!» urla la grassoccia signora, lanciandomi un cucchiaio di legno, che mi colpisce in testa. Ma sì, mangiateli tutti tu quegli anellini, tanto ormai sei grassa e acida, mangiare cibo spazzatura non potrà peggiorare la tua situazione!

Riprendo a camminare con sguardo da duro, ma ferito per essere stato scacciato ancora una volta: ero solo un totano, avrebbe potuto offrirmelo.

Un luccichio violento e guizzante mi distrae: l’ho percepito a sinistra, verso quel giardino recintato. Non ho mai visto nulla di simile, forse si tratta di nuovo di un marchingegno come la tv o di un giocattolo per bambini. È probabile, ma decido di andare a controllare. Non posso trascurare nulla se voglio risolvere i miei misteri.

Mi avvicino cautamente, non vorrei attrarre come una calamita un altro cucchiaio di legno, o ciabatta o qualunque altro oggetto contundente utile a scacciare un gatto grigio, sciatto e con il pelo trascurato come me. Resto sbalordito per ciò che mi si staglia davanti: una donna giovane è seduta sul dondolo del cortile, intenta ad ammirare il cielo buio d’autunno, avvolta da una coperta bianca, coperta che non riesce a nascondere lo spettacolo che mi si para davanti agli occhi. Sono così emozionato! È la prima volta che vedo l’aura di una persona interagire con le luci arcobaleno!

Osservo meglio la ragazza: attorno a lei brilla un quieto turchese pastello, ma davanti a lei, all’altezza dello stomaco, vedo un nugolo di lucine accendersi e poi spegnersi, guizzare ancora e poi sparire di nuovo, miscelando le sue nuances con quella turchese: l’aura ora sfuma al rosso, e ora al blu, poi al rosa e quindi si spegne, per poi riaccendersi. Come è possibile? Non posso fare a meno di domandarmi come potrò risolvere il mistero delle lucette se ogni volta si aggiungono nuovi elementi, tuttavia una piccola speranza lampeggia dentro di me, emulando quelle lucciole fittizie: è la speranza di non avere un problema in più che mi allontana dalla soluzione, ma la chiave per la risoluzione dell’arcano.

Un uomo appare dalla porta portando un bicchiere colmo di succo di frutta che le porge insieme a un bacio.

«La cena sarà pronta tra poco.» le dice e lei sorride, alzandosi in piedi.

«Vengo a darti una mano.» afferma, entrando in casa con lui. Io non ho nessuna intenzione di andarmene da qui. Il giardino ha l’erba curata, un dondolo dotato di un soffice cuscino e, soprattutto, una proprietaria che mi aiuterà a chiudere questa storia una volta per tutte.

*

«Etciù! Etciù! Etciù! Etciù!» Il suono insistente e violento mi sveglia di soprassalto. Balzo giù dal dondolo e corro a nascondermi. «Ma cosa diavolo sta succedendo?»

La ragazza multicolore si soffia il naso e asciuga gli occhi colanti. Non è un bello spettacolo, così gonfia, ma non mi importa: sono felice di vedere che la situazione luci colorate non è cambiata nemmeno un po’. Davanti al suo stomaco, che certamente è più pieno dopo la cena, ci sono ancora gli scintillii.

«Che succede, tesoro?» le domanda il marito, portando un secchio di pop corn.

«Non lo so, sembrerebbe allergia.» suggerisce lei, soffiando ancora il naso. Lui si guarda intorno.

«Speriamo passi, oppure non potremo vedere i fuochi d’artificio dal giardino.»

Anche lei posa il suo sguardo azzurro intorno e alla fine i suoi occhi cadono su di me. Evidentemente non mi ero nascosto abbastanza bene.

«Oh, ecco. Piccolino, tu sembri avere fame, ma devi stare lontano da me, anche se ti darò del cibo. Sono molto allergica ai gatti!»

E ti pareva. Trovo una persona gentile, una sola, e deve essere allergica ai felini. La ragazza entra in casa e torna con qualcosa in mano e una mascherina sul volto. Oh, andiamo! Non starai esagerando?

«Non è meglio che faccia io?» chiede l’uomo, ma lei scuote la testa. Osservando meglio i suoi occhi iniettati di sangue mentre si china su di me per darmi della carne cruda, capisco che fa sul serio: sta davvero male!

«Non spaventarti, non tengo questa mascherina in casa per i gatti randagi, ma per le pulizie. Anche la polvere mi stronca.» si giustifica, evitando accuratamente di toccarmi. Ma non c’è problema, non mi farei accarezzare, ho ancora il bernoccolo sulla fronte per il cucchiaio di ieri. Questi umani sono così imprevedibili!

Le luci guizzanti sono così vicine, ora, da sorprendermi e portandomi persino a dimenticare il cibo: dentro la pancia della giovane c’è qualcuno.

I ricordi di quando ero nella Scatola mi travolgono. Ecco perché la donna davanti a me ha questi bagliori di fronte al ventre: è una Scatola! E quindi io potrei essere una Voce!

Mi agito e inizio a miagolare, sperando di farmi sentire dalla cosa che c’è lì dentro. Mi senti? Sono una Voce, ma in realtà sono un gatto e tu non sei dentro ad una Scatola, ma ad una mamma!

La ragazza ride e si alza in piedi, starnutendo, mentre il piccolo lì dentro spruzza più colori. Mi ha sentito!

«Mi spiace, devo allontanarmi. Sto troppo male.» si scusa lei, cambiando zona del giardino. I due si vanno a sistemare al tavolino nell’angolo, masticando pop corn e aspettando i fuochi d’artificio, qualunque cosa essi siano. Mi lasciano un piattino di cibo e dell’acqua che ingollo distrattamente, così come distrattamente ascolto i loro discorsi.

«Potrei chiedere a mia madre se lo vuole tenere...» dice lui, ma mi disinteresso, cercando di definire le luci colorate: se si tratta di un cucciolo d’uomo, allora i bagliori rappresentano cosa, la nascita? La vita?

Sembrerebbe la soluzione migliore, ma non mi convince del tutto. Improvvisamente una vampata di caldo mi travolge: già da qualche giorno mi accade. Sento un calore dentro, un rimestio e un bisogno di trovare qualcosa, qualcosa che non c’entra con i colori. Sto iniziando a sospettare di essere malato.

Un miagolio forte e sonoro esce dalla mia bocca, provocandomi un attacco di vergogna. I due si voltano a guardarmi.

«Prima di darlo a tua madre dovremmo farlo sterilizzare. È in pieno calore!» ride la ragazza. Sono in calore? Come fanno a sapere che ho caldo? Sto morendo? E soprattutto, ho capito bene? Vogliono darmi alla madre di lui? Avrò una casa?

E poi succede tutto in un attimo: una gatta nera attraversa la strada fuori dalla recinzione, mentre nel cielo esplodono mille colori di sfumature e forme stupendi, anche se accompagnati da botti assordanti. Guardo i colori, guardo la pancia di lei, guardo la gatta e capisco che forse non si tratta di luccichii di vita, ma di amore. Amore della mamma per il suo bimbo, che forse lascia segni nel mondo. Sarà così? Potrebbe trattarsi di amore? Sì, amore! Perché quella gatta nera che ho appena visto, io la amo e ora nella mia pancia sento le stesse esplosioni che ci sono nel cielo!

«Luchino, amore mio, eccomi, ho letto il messaggio. Vi ho portato i totani fritti. Cosa volevate chiedermi? Se posso tenere un gatto?» chiede una donna, che sta entrando dal cancello principale reggendo un vassoio. Mi volto di scatto. È lei, la donna lancia cucchiai. Davvero vorrebbero farmi vivere con lei? Giammai!

Me la do a gambe levate, lasciando i fuochi d’artificio scoppiettare insieme al figlio della ragazza e insieme al ricordo del mio primo, fugace amore, chiedendomi se anche io posso aver lasciato in quel prato qualche luce colorata.

Pubblicato in grumo

Venerdì 12 maggio

-       alle ore 21
presso la biblioteca comunale “Roberto Allegri”
in Piazza Carducci 4, a Serravalle Scrivia (AL);
Dealma Franceschetti, foodblogger e consulente macrobiotica, parlerà dei “falsi miti alimentari”: dal latte per le ossa alla carne per il ferro.
Per ulteriori informazioni, potete chiamare la biblioteca al numero 0143.634166 oppure 0143.633627
 

Sabato 13 e domenica 14 maggio

-       in piazza Castello, a Ferrara;
Si terrà la seconda edizione del Vegan Festival: un festival gratuito e aperto a tutti, per conoscere e avvicinarsi a un’alimentazione ed uno stile di vita etici, nel rifiuto di ogni forma di sfruttamento animale.
Per tutto il week-end potrete gustare ottime specialità vegane o visitare l’area espositiva, in cui troverete oggetti realizzati in materiale riciclato, prodotti biologici, olistici e molto altro.

Sabato 13 maggio

-       dalle 15 fino alle 20
dalla fermata della metro di via Palestro (linea rossa) fino a Città Studi
a Milano;
Ci sarà un corteo nazionale per chiedere l’annullamento dell’emendamento che proroga lo stop agli esperimenti sugli animali, in particolare, si chiederà al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, di rispettare l’impegno sancito nel DL 26/2014 che avrebbe dovuto mettere al bando dal 2017, tutti i test sulle sostanze di abuso condotti sugli animali.
Sarà possibile intervenire ai microfoni sol inviando una e-mail a info@animalisti.org
Potete seguire l’evento Facebook a questo link

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La quiete del cimitero mi ha avvolto in questi giorni di fine autunno: da quando sono arrivato qui sono stato ammantato dalla pace e dalla tranquillità. Finalmente non sono stato tormentato dalla vista di colori e di sfavillii variopinti, gli stessi che mi hanno portato a fuggire alla ricerca del silenzio e a decidere di prendere la mia residenza qui, nel camposanto.

Le tombe sono diventate il mio rifugio, ho imparato a riconoscere le statue che adornano i grandi sepolcri di famiglia e abitano le mura di questo luogo. Ah, finalmente! A parte i lumini rossi notturni, qui non ho avuto nessun pensiero. Certo, si tratta di una postazione molto tranquilla, seppur decisamente frequentata, ma non mi sono impensierito delle numerose visite delle persone che si recano a portare omaggio ai loro cari che riposano nelle loro bare, nel buio di un aldilà senza luci e auree. È proprio questo buio che mi ha convinto a restare qui, per sempre! Tanta gente, portando un fiore su una tomba, si lamenta con altri della paura che questo posto sa mettere: stupidaggini. Non esiste posto migliore in tutto il mondo! Qui ho riparo per la notte, una dimora asciutta quando piove (e, da cosa ho capito, in questo mese e in quelli a venire, sembra proprio che la pioggia sarà un problema di cui tenere conto), fiori da annusare e erbetta da masticare quando c’è il sole. A questo punto si potrebbe pensare che due delle funzioni principali della vita non abbiano trovato soddisfazione, ma non è così: ho spazio a volontà per i miei bisogni, ma sono un gattino educato e non c’è da temere! Non vado mai a profanare luoghi sacri per queste necessità, bensì esco al di fuori delle mura. E per quanto riguarda il cibo, beh, in effetti i primissimi tempi mi sono trovato in difficoltà: nessuno viene al cimitero a mangiare, tutt’altro!

Di uscire, però, non se ne parlava, e così ho cercato un’altra soluzione che si è palesata piuttosto in fretta: anziane signore. Ho cercato di mostrarmi alle vecchiette che si recano spesso qui a portare mazzi di fiori freschi e a curare le aiuole di mariti e parenti, contando sul luogo comune per il quale questa categoria di gente si preoccupa degli animali abbandonati.

Che fatica! Mi sono fatto notare, miagolando, ronfando, piangendo, ma nessuna di loro si è impietosita!

Bel gattino, torna a casa, questo non è un posto per te! (Se non mi porterai da mangiare non posso che augurati che per te, invece, lo diventi!)

Ma cosa ci fa un bel micetto tutto solo qui? Torna dalla tua mammina! (Non hai pensato che se sono qui tutto solo è perché una mammina non ce l’ho più? Io ho bisogno di una nonnina, ecco.)

Oh no, pussa via! Cosa vieni a fare qui, a sporcare i miei fiori? (Vacci piano con quel bastone! Malefica, quando arriverai tu, qui, di certo la tua aiuola sarà la mia meta preferita per sporcare!)

Insomma, le vecchiette mi hanno profondamente deluso: non ho visto nemmeno un croccantino. Anzi, alcune di loro, come quella che mi ha scacciato accusandomi di aver intenzione di lasciare ricordini in posti poco consoni, sembrano davvero cattive. Per esempio pochi giorni fa ne ho sentite due parlare come se fossero al mercato, e non in un cimitero.

«Hai sentito, Mafalda? Proprio qui, vicino al cimitero, si fermeranno per qualche giorno gli zingari! Che schifo, non dovrebbero venire qui! Io ho paura, ho chiesto a mio figlio di mettermi l’antifurto in casa!»

«Mi è arrivata la notizia, e sono andata a chiedere spiegazioni al sindaco, non scherziamo! Non voglio che i loro bambini frequentino la scuola con i miei nipoti!»

«Stai scherzando, spero! Scuola? Nipoti? Assolutamente non devono avere a che fare con il mio Riccardino! Sei certa di ciò che dici?»

L’altra vecchietta aveva stretto gli occhi e la borsetta con fare minaccioso.

«Purtroppo sì! E il sindaco sai cosa ha detto? Che non devo preoccuparmi, che non devo essere populista, che poi cosa c’è di male, va bene essere a favore del nostro popolo, quelli sporcano, rubano, minacciano i bambini!»

Avevo avuto la netta impressione che la signora avesse travisato il significato di quella parola, anche l’angelo di pietra accanto a loro doveva essersene accorto: la sua espressione contrita mi aveva fatto capire che quelle due befane stavano dicendo delle cose non giuste. O forse sì? Perché avevano tanta paura di questi zingari? Chi sono? Davvero sarebbero venuti ad abitare nel cimitero?

Mi ero allontanato, un po’ turbato all’idea che qualcuno potesse venire a vivere nella mia nuova e lugubre casa, ma distratto dal pensiero della fame.

Oggi, però, sono stato notato finalmente, e non da una nonnina.

«Che carino che sei!» La lieve voce infantile mi solletica e orecchie: una bambina! Non sono certo di andare d’accordo con i bambini, mi danno l’idea di non vedere l’ora di tirare la mia coda, decorare il mio collo con ridicoli fiocchetti rosa, stropicciarmi e altre azioni poco garbate. «Non avere paura di me.» afferma, con voce quasi implorante.

La osservo meglio: ha la carnagione olivastra e grandi occhi neri, non avrà più di sette anni, eppure è da sola, impegnata a trasportare uno zaino grande il doppio di lei. Mi osserva dietro le inferriate del cimitero, poi apre lo zaino ed estrae un panino alla mortadella, lanciandomene un pezzo. La mia iniziale reticenza svanisce in un attimo, al diavolo, lei sarà mia amica!

Corro verso la piccola e balzo sul muretto, ronfando e ingozzandomi di pane e affettato. Lei ridacchia timidamente, continuando a darmi da mangiare.

«Finalmente un amico! A scuola mi stanno tutti lontano, di nuovo.» mormora. Che cosa significa? La bambina si siede, continuando a darmi da mangiare e parlandomi. «Tutte le volte la stessa storia. Appena cambiamo paese devo farmi degli amici, e non ci riesco quasi mai. Odio il lavoro di mamma e papà, sono stufa di girare insieme alle giostre e al rettilario! Voglio abitare in un posto solo, avere un’amichetta che mi voglia bene, delle maestre che siano le stesse tutto l’anno, voglio che i miei genitori mi vengano a prendere a scuola e non siano impegnati con il lavoro e non voglio più essere chiamata la zingarella.» snocciola in un fiato.

Zingarella! Allora lei è una di quelle persone di cui parlavano le vecchiette poco tempo fa? Non sembra così terribile come era stata dipinta, anzi, mi sembra molto sola e triste, vorrei poterla aiutare, ma alla fine lei si alza e se ne va, promettendomi di tornare tra qualche giorno.

*

La zingarella ha mantenuto fede alla sua promessa, tornando tutti i giorni dopo la scuola, verso ora di merenda. Zingarella, mi dispiace chiamarla così, ma non mi ha mai detto il suo nome. La sua aura è tinta di acquamarina trasparente, mi piace fare merenda con lei, ma mi dispiace che ogni giorno abbia una storia triste da raccontarmi: bambini che la evitano, che la prendono in giro, la solitudine e così via. Sentire i suoi discorsi rafforza la mia sicurezza circa la decisione di vivere con i morti: là fuori non c’è nulla di bello con cui posso desiderare di avere a che fare! Uomini che bevono, gente che abbandona gli animali, bambini presi di mira dagli altri bambini, e non solo!

Oggi però Zingarella mi dà una notizia che mi arreca dolore: domani mattina, all’alba, partiranno.

«Andiamo in un altro paese, ci sarà una grande fiera e molta gente verrà da noi. Sono già stata iscritta a scuola, stavolta ci fermeremo quasi due mesi, spostandoci nei vari paesini della zona. Purtroppo è troppo lontano da qui, e non potrò portarti da mangiare. Però sono contenta, quando ci fermiamo così tanto riesco a farmi qualche amico! Ma come fai a vivere qui, non hai paura? Vuoi venire a vedere casa mia, prima che me ne vada? Stasera non ci sarà gente, perché la sagra è terminata ieri e le attrazioni sono già sbaraccate! Faremo una festicciola tra di noi.»

Il solo pensiero di tornare in mezzo alla civiltà, ai suoi colori impazziti e alle domande ad essi legati mi spaventa, ma so che non vedrò più questa ragazzina e vorrei farle un regalo. Così salto giù dal muretto e mi faccio prendere in braccio.

«Ti ripoterò qui, promesso.» mi rassicura. Camminiamo attraversando i campi, lei presta molta attenzione alle automobili. Finalmente ecco apparire il campo degli zingari, quello tanto denigrato dalle signore dei giorni passati: vedo tanti furgoni, camioncini e roulotte. Zingarella aveva ragione, molte donne e uomini, circondate da bambini urlanti, stanno preparando da mangiare all’aperto, nonostante l’aria fredda. Per la prima volta da tanto tempo il cielo è limpido e senza un alone, sembra una serata perfetta per una cena all’aria aperta. Peccato per il freddo!

Sono spaventato, mi nascondo nella giacca della bambina, che ridacchia.

«Non avere paura, stai nascosto nella giacca.»

Ed è proprio nella sua giacca che resto chiuso tutta la sera, spuntando con il nasino giusto per sentire l’odore della carne alla griglia e per spiare questa gente che ha seminato il terrore tra gli avventori del cimitero: sono sbalordito, non mi pare di vedere nulla di anomalo, non mi sembrano sporchi né dei ladruncoli di strada, ma, chissà, forse sbaglio. Potrei ormai essere traviato dalla mia vita da clochard e ora avere una visione più morbida della delinquenza.

Zingarella mi rimpinza di cibo per tutta la sera, mentre gioca con gli altri bambini e finalmente la vedo felice e serena.

«Tesoro, che cos’hai nella giacca?» La piccola sussulta e poi, rossa in viso, mi scopre, mostrandomi alla donna che le ha parlato. «Oh, ma dove lo hai preso? È così piccolo, forse la sua mamma lo sta cercando!»

Lei si imbarazza, come se non avesse pensato a quella eventualità.

«Oh, mamma! Volevo solo mostrargli casa mia, ora lo riporto dove l’ho preso.» si giustifica piano lei e la madre le sorride, chiedendole da dove io arrivi. Quando capisce che abito poco lontano, a pochi metri di distanza dall’accampamento, le suggerisce di riportarmi dove mi ha trovato e di tornare subito.

Io e Zingarella ci allontaniamo a passo lento, pare che lei non voglia salutarmi troppo in fretta e così ci sediamo sul prato, poco prima del cimitero, con i bagliori e le musiche della festa poco lontane.

«Mi spiace doverti salutare, in questi giorni sei stato il mio unico amico e ti voglio tanto bene. Però forse davvero la tua mamma è qui che ti cerca! Spero che tu sia felice, io ora lo sono: i prossimi mesi saranno tanti e non mi sposterò, frequenterò la stessa scuola per tanto tempo! Spero sarai felice anche tu!»

Guardiamo insieme il cielo stellato, poi lei mi dà un bacio e corre a verso casa, felice. Le stelle si mostrano splendide nel cielo limpido e freddo, non le avevo ancora potute osservare così attentamente, sembrano le scintille di colori che ho evitato durante la mia permanenza al cimitero.

Sono belle, chiare e brillano nel buio. Osservando queste scintille coraggiose che sfidano la notte e la piccola Zingarella che sfida il futuro mi sento uno sciocco a essermi rintanato in un luogo senza stelle per paura della luce.

Voglio essere come Zingarella e come le stelle, sfidare le tenebre e trovare la soluzione ai problemi: non abiterò più tra le tombe.

Disegno di Silvana Sala

Pubblicato in grumo

Il suo nome è Nick.
Nick è un meraviglioso cirneco dell’Etna di soli tre anni.
Ha un ottimo carattere: energico e socievole, va d’accordo con i gatti e con i suoi simili. In canile patisce molto stare rinchiuso nel box, per questo si cerca per lui una sistemazione anche temporanea. È sano e si trova in provincia di Firenze. Per informazioni potete scrivere un’email all’indirizzo: sosbau@gmail.com oppure contattare Renata Bartolozzi al numero 335.6282969

Lui si chiama Pako.
Pako è un giovane pinscher di cinque anni che non ha mai conosciuto l’affetto di una famiglia. Il suo proprietario infatti l’ha sempre tenuto chiuso in una gabbia ma ora, si è finalmente deciso a cederlo. Pako cerca qualcuno che lo rinfranchi dei brutti anni passati in quel box. Si trova a Napoli ma è adottabile in tutto il centro e nord Italia con obbligo di castrazione. Per informazioni potete contattare Alfonso Iaccarino al numero 339.8274942

Lui è Ares.
Ares è il classico “gigante buono”. Va d’accordo con cani maschi e femmine, è bravo con le persone e cerca qualcuno che gli faccia dimenticare il dolore provato. Purtroppo quando era piccolo è finito con la zampa in una tagliola e il veterinario si è trovato costretto ad amputargliela. Ares però non ha problemi di deambulazione e, come si vede nel video, corre e gioca come tutti i giovani maremmani della sua età. È castrato, vaccinato e si occupa di lui l’associazione “Adotta un maremmano Onlus”. Per informazioni potete contattare i numeri 338.6414837 oppure 340.5825513 

Lei è Melba.
Melba ha solo un anno, ma ha già alle spalle mesi di randagismo e un abbandono.
Ora si trova in pensione in provincia di Milano, ma se entro breve non verrà adottata, per le si apriranno le porte del canile. È giovane, socievole, coccolona e in salute. Anche di lei si occupa di lei l’associazione “Adotta un maremmano Onlus” e per informazioni potete contattare Katia al numero 392.5755490

Lui è il terzo ed ultimo meraviglioso maremmano che vi presentiamo oggi: Dante.
Dante arrivò presso l’associazione “Adotta un maremmano Onlus” circa un anno fa e in questi dodici mesi ha visto andare in adozione tutti e tre i suoi fratelli: ora tocca a lui!
Quando approdò in pensione, era spaventato e privo di fiducia nei confronti degli esseri umani, ma con il tempo ha imparato a fidarsi e ad oggi è pronto per la famiglia che vorrà tenerlo per sempre con sé. È in salute, ha tre anni, e va d’accordo sia con i cani maschi che con le femmine. Si trova a Milano e per informazioni potete contattare Fausto Missaglia al numero 340.5825513

Lui è Leo e in canile non si dà pace.
Per lui si cerca urgentemente una famiglia che lo accolga. Leo ha due anni, è un gran coccolone e pesa circa quindici chili.
Si trova a Napoli e per ulteriori informazioni potete contattare Daniela Rosini al numero 335.6920068


Lui è Pallino.
Pallino al canile di Lecce si disperava e ululava tutto il giorno, finché una volontaria non ha deciso di dargli qualche possibilità di adozione in più tirandolo fuori da quella gabbia. Oggi Pallino si trova a Milano ed è impaziente di essere adottato. Ha due anni, è di taglia medio/piccola e buono con le persone. È castrato e per una buona adozione può arrivare ovunque. Per informazioni potete contattare Rita Tommaselli al numero 345.1110031

Questo setter meraviglioso si chiama Lucky.
Lucky fu investito quando ancora vagabondava per le strade di Napoli e a causa di un intervento mal eseguito ha riportato un lieve zoppia. Pesa sui venti chili, ha cinque anni, è castrato e va d’accordo con gli altri cani. Si trova a Napoli, ma per una buona adozione può arrivare ovunque. Per informazioni potete contattare Rita Tommaselli al numero 345.1110031

Lui è Pocho.
Pocho ha solo un anno e fu abbandonato legato a un palo.
Assomiglia a un pastore tedesco, è di taglia medio/grande e ha un carattere stupendo.
Si trova a Napoli, ma per una buona adozione può arrivare ovunque. Per informazioni potete contattare Rita Tommaselli al numero 345.1110031

Il suo nome è Nocciolina.
Nocciolina ha soli quattro mesi e sarà una futura taglia media. Si trova a Salerno, ma per una buona adozione può arrivare in tutta Italia con libretto e microchip.
Per informazioni potete contattare Anna al numero 339.3049100 

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