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Altra intervista doppia, questa volta conosciamo meglio Nicola Rovetta e il suo personaggio: Eddy Jonston.

- Nome?

Eddy Jonston.

- Età?

Trentuno anni.

- Dove vivi?

In provincia di Brescia.

- Il tuo maggior pregio?

L'eccentricità, la mia miglior amica è purtroppo stata anche la peggiore.

- Il tuo peggior difetto?

La tendenza ad avere raptus di furia, quando esplodo tocca anche ad un oggetto vicino.

- Il peggior difetto del tuo alter ego?

Non ascolto mai i consigli, penso sempre che farcela da solo sia il miglior consiglio. Non è cosi!

- Di qualcosa al tuo alter ego che non gli hai mai detto

Vatti a fare una bella camminata. Resti troppo in casa, rischi di impazzire come me, un giorno di questi ti porto a camminare su un laghetto ghiacciato.

- Cosa ti resterà di questa esperienza?

Degli ottimi compagni di gioco, maggior felicità e una bella storia da raccontare.


- Nome?

Nicola Rovetta.

- Età?

Ventiquattro anni.

- Dove vivi?

In provincia di Brescia.

- Il tuo maggior pregio?

Una fantasia con le sfumature dell'arcobaleno.

- Il tuo peggior difetto?

La tendenza all'eccessiva bontà, quando sono sgarbati o peggio con me me ne sto zitto e buono. Eddy si arrabbia parecchio, dovrei fare più come lui, con lui sono successe anche cose eccessive però. Una via di mezzo sarebbe forse la cosa migliore.

- Il peggior difetto del tuo alter ego?

Non ha abbastanza fiducia in se stesso, spesso soffre proprio per questo.

- Di qualcosa al tuo alter ego che non gli hai mai detto.

Dovresti iniziare a studiare qualcosa, sei più intelligente di quel che pensi.

- Cosa ti resterà di questa esperienza?

Una bella esperienza letteraria, l'aver conosciuto Eddy e tutti voi che avete lasciato un grosso segno. Sarà mica poco!

Pubblicato in interviste

 Ed eccoci arrivati all'ultima intervista: Nicola Rovetta ci parla del suo personaggio, Eddy Jonston.

 

- Ciao, ti puoi presentare?

Mi chiamo Nicola e ho 24 anni. Sono disoccupato e non c'è traccia di lavoro all'orizzonte.

Ho da poco conosciuto l'arte delle parole e da quando scrivo mi rendo conto che sono più felice, è forse la miglior psicanalista esternare con la scrittura pensieri ed emozioni, l'inanimata carta sembra essere molto viva con i consigli che si porta dietro.

Oltre a leggere e scrivere mi piace in generale la scienza e la natura, questi sono due punti in comune con Eddy.

 

- Come sei venuto a conoscenza de il gioco?

Tramite una conoscenza, ''amicizia'' su Facebook.

 

- Come mai hai deciso di partecipare?

Una nuova avventura che alimenta fantasia ed ispirazione letteraria conoscendo personaggi strabilianti, l'unico motivo per non farlo può essere una malattia mentale.

 

- Spiegaci cosa vuol dire stare per quattro mesi in un gruppo di estranei.

Il fatto che siano persone estranee è forse la parte più divertente, non solo ho imparato a conoscerli ma è proprio durante il percorso che è stato inressante improvvisare certe sfaccettature del mio personaggio, alcuni sanno bene che ha i genitori nati a Salem il paese del fuoco alle streghe. Non so perché ho voluto concedere certi aspetti solo ai più curiosi.

- Ci parli del tuo personaggio e del perché l'hai scelto?

Quando ho creato Eddy ho pensato che dovesse essere caratterizzato da una lotta interiore, da una parte il ricordo delle esperienze di bullismo a tirar fuori quella parte inetta, dall'altra la lotta per vincerle e il senso di giustizia ed i raptus furiosi con mano fasciata e porte rovinate che ne conseguono. La storia che racconto con il personaggio è appunto quella di un ragazzino bullizzato che soffre di un complesso di inferiorità fino a credersi totalmente un idiota fino a cercare di farsi quella vita che sentiva sempre impalpabile tra le sue mani.

Ho creato questo personaggio perché il bullismo è la prima forma d'odio a dover essere eliminata che spesso si trasmette dal boia trasformando la la vittima in una pentola colma d'odio.

 

 - Che legami hai creato nel gruppo?

Eddy: Tutto sommato è stato piacevole con tutti. Mi sono trovato in una piacevole sintonia di pensiero con Margherita Solani ed è stato piacevole partecipare agli esperimenti dell'antropologo. A proposito, quando ricominciano?

Oltre a questo l'ho già detto nel gruppo, ho conosciuto troppo poco Giuseppe e Ginevra.

Pubblicato in interviste

In questa intervista conosciamo Chiara Trombetta e il suo Nicola Ventimiglia.

 

- Ciao, ti puoi presentare per noi?

Ciao a tutti, sono Chiara Trombetta, ho 22 anni, sono laziale, e sono laureata in Mediazione Linguistica e Culturale. Lingua, letteratura e tutto ciò che può essere raggruppato sotto l’etichetta di “umano/umanistico” sono farina del mio sacco e cibo per la mia mente, scrittura compresa, dunque.


- Come sei venuta a conoscenza de Il gioco?

Per caso, seguendo l’account Instagram della Jona Edizioni. Scorrevo svogliatamente l’indice sulla home, così, per ammazzare il tempo, strisciando da un post all’altro, ed ecco che mi salta all’occhio il bando de Il Gioco. Una volta lette le istruzioni mi sono detta “Perché non provare?”.

- Come mai hai deciso di partecipare?

La descrizione del progetto mi è parsa troppo allettante per essere ignorata. La redazione invitava i partecipanti a inventare un personaggio attraverso cui esprimere liberamente se stessi, senza regole riguardo a sesso, età, temperamento. Un vero invito a essere ed esistere nonostante la persona che si è tutti i giorni. Irrinunciabile. In più, la prospettiva di usare i social a scopo letterario mi ha incuriosito molto.

- Spiegaci cosa vuol dire stare per quattro mesi in un gruppo di estranei.

All’inizio è un po’ come il primo giorno di liceo, quando i compagni di classe ancora non si conoscono e si studiano a vicenda di sottecchi. Almeno per me, i primi tempi sono stati d’osservazione e di apertura: ciò che mi sembrava importante era riuscire a esternare nel miglior modo possibile l’immagine di Nicola che avevo costruito nella mia testa e, al tempo stesso, riuscire a penetrare nel “sistema-personaggio” degli altri. Col passare dei mesi ho finito per appassionarmi alle storie degli altri membri del gruppo, più o meno come accade seguendo una serie tv o leggendo giorno per giorno le pagine di un romanzo, col vantaggio però di poter interagire, partecipare, in parte influenzare e modificare il loro vissuto e i pensieri che sceglievano di condividere.

- Ci parli del tuo personaggio e del perché lo hai scelto?

Nicola Ventimiglia nasce dall’angolo della mia personalità che spesso e volentieri rimane in ombra, specie da una prospettiva esterna. Empatico, paranoico, ironico, un vero essere umano, la cui smisurata umanità serve solo a tenerlo incastrato in un limbo costante fatto di senso di colpa e di enorme ambizione. Ha appena venticinque anni, eppure già si sente un fallito, vive alla giornata, smarrito, altalenante, privo di sicurezze e di qualsiasi progetto di vita. Impiega la notte a rimuginare sui dettagli che la luce del giorno gli regala e, nonostante tutto lo sfacelo che semina e raccoglie, è incapace di arrendersi di fronte alla certezza della propria inettitudine pratica e morale.

- Che legami hai creato all’interno del gruppo?

I personaggi con cui ho legato maggiormente e che più ho amato sono sicuramente Margherita e Andrea. La sicurezza ostentata da Margherita mi ha stregata sin dai primi giorni, quando fu la prima a darmi il benvenuto nel progetto commentando la mia presentazione. Il personaggio di Andrea mi ha affascinata per la profondità che ogni sua parola e, quando poi abbiamo cominciato a interagire in privato, sia lui che Margherita si sono affezionati molto a Nicola. Senza ombra di dubbio, la loro vittoria è più che meritata. Anche con Vanessa è nato un buon rapporto, forse dovuto ai disastri quotidiani di cui sia lei che Nicola sembravano collezionare.

- Una cosa che cambieresti? Una persona che non avresti voluto conoscere, all’interno del gruppo?

Se potessi cambiare qualcosa, cercherei di conoscere meglio i personaggi con cui ho interagito meno, come Ginevra, Giuseppe, Eddy e Prisca. Li conosco solo di riflesso. Infatti, le parole tra noi non sono state molto numerose. Non potrei affatto dire, invece, di desiderare di non aver conosciuto qualcuno all’interno del gruppo, sarebbe una bugia bella e buona.


- Adesso spiegaci cosa hai provato nel conoscere la vera identità dei tuoi compagni di gioco.

Ammetto che è stato alquanto scioccante. Sospettavo già che dietro la tastiera di Andrea ci fosse una donna ed è stato interessante confrontare provenienza, professione, piccoli dettagli di ciascuno dei partecipanti con gli elementi che caratterizzano i personaggi che hanno partorito. Chissà invece quanti avevano intuito che Nicola è scaturito dalla mente di una donna. Confesso pure di sentirmi “nuda” adesso di fronte alla loro lente di ingrandimento, ma credo sarà piacevole continuare a lavorare tutti insieme.

- Finito il gioco e le pubblicazioni che ne derivano, cosa pensi che succederà al tuo personaggio?

Ormai Nicola è venuto al mondo e, proprio in concomitanza con la fine de Il Gioco, la sua esistenza si evolveva e cambiava. Nicola continua a evolversi sempre e a fermentare, perciò penso sia destinato a crescere ancora, soprattutto perché, di tanto in tanto, piccoli sprazzi della sua eccentricità sbucano fuori nella mia vita di tutti i giorni, suggerendomi idee e possibilità sempre nuove.

- Al di là del gioco: progetti di scrittura?

La scrittura in senso lato è parte della mia identità come persona. Se non scrivessi più, non sarei me stessa e credo sarebbe fantastico poter scrivere non più solo per me, nei ritagli di tempo ancora liberi, ma in modo serio e costante, penetrando anche l’aspetto professionale della mia quotidianità.

- Un ultimo aggettivo, solo uno, per definire i tuoi quattro mesi ne Il gioco.

Borderline.

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