Automat

- Permette signorina? - .                                         

All’interno della tavola calda il silenzio è assordante. La luce al neon del locale permea ogni cosa e lo starter difettoso emette un ronzio basso e costante che tende ad ovattare l’ambiente.

L’effetto acustico è lievemente lisergico, l’aria viziata e stagnante del luogo fa capire che durante la serata c’è stata ressa ma che ora, con il protrarsi delle ore, la folla si sia dileguata altrove.

Fazzoletti sporchi, briciole e aloni di boccali che non hanno centrato i sottobicchieri, testimoniano che su quei tavoli si sono consumati pasti, chiacchiere, vite.

Vicino alla porta d’ingresso un ombrello è abbandonato a terra, nero con il manico rosso, qualche stecca ha una brutta piega, probabilmente avrà lottato con qualche acquazzone in passato. Ora sono mesi che non piove. Qualcuno l’avrà certo dimenticato.

I caloriferi, le maniglie, una striscia che corre lungo tutto il battiscopa e un'altra nella parte alta vicino al soffitto, sono di uno strano colore giallo. Voluto a quanto sembra.

Sopra un mobile, vicino la vetrata, una ciotola ospita delle ridicole riproduzioni di frutta in plastica. Potremmo stare qui delle ore a disquisire sulle problematiche psichiche di chi ha avuto quella pensata.

Il caldo è soffocante, i vetri si appannano lasciando risaltare le impronte di chi ci ha appoggiato le mani sporche.

Qualcuno sembra anche averci disegnato qualcosa ma non si capisce bene dalla forma.

Guardo l’ingresso nella speranza che qualcuno entri a cambiare aria in questo posto, ma vista l’ora non credo che venga più nessuno.

Notte fonda, non c’è appeso nemmeno un orologio, potrebbe essere qualsiasi ora.

Le pareti sono spoglie, qualche quadro appeso ogni tanto senza troppa fantasia, qualche pubblicità e qualche specchio che non fa altro che rimandare quello che vede. Probabilmente l’avventore tipico di questo posto è abituato a guardare nel piatto, nel fondoschiena della cameriera dopo che glielo ha portato e nel portafoglio per pagare prima di andare via. Nessuna pretesa.

La sala si è quasi completamente svuotata, fatta eccezione per un barbone che con la complicità del buon cuore della cassiera, sta scaldando le sue quattro ossa dal freddo e l’umidità della notte.

Il vecchio è seduto sul bordo della sedia, ginocchia piegate e divaricate che puntano sulle gambe del tavolo che gli sta di fronte, proteso in avanti, poggiando la fronte sullo spigolo. Una posizione innaturale, in precaria stabilità, il respiro è pesante e l’aria arranca a fatica in quella laringe strozzata, sbava, forse sta dormendo.

Davanti a lui un bicchiere di qualcosa di scuro, forse ha scroccato un drink a qualche cliente, forse ha riversato in quel lurido bicchiere tutti i fondi che era riuscito a trovare sugli altri tavoli e avanzi, avanzi di altri avventori, tutto quello che la donna al bancone aveva avuto premura di non gettare nella spazzatura.

Il cappello liso come i suoi indumenti rimane ancorato inspiegabilmente al cranio, sembra che glielo abbiamo appuntato con una sparachiodi e non ne vuole sapere di scivolare via, la giacca a quadri che indossa è di qualche taglia più grande e probabilmente ha visto tempi migliori e sicuramente anche proprietari migliori.

L’odore di alcool e sudore quando gli si passa accanto è importante, tanto che la puzza di aceto utilizzato per lavare le posate e i piani di preparazione è una liberazione.

Se non fosse stato per quel rantolo strozzato che emette quando espira, se fosse dipeso solamente dal fetore, si sarebbe potuto chiamare direttamente un becchino.

Qualcuno di la in cucina sta pulendo, probabilmente è a fine servizio perché è in quel momento che si passano le posate.

Hanno appena iniziato e si sentono, forchette, cucchiai e coltelli, una volta passati con uno strofinaccio che finiscono in una cassetta.

Dalla frequenza delle posate che vengono lanciate saranno probabilmente più sguatteri o uno solo con una tremenda fretta di ritornare a casa.

Forse entrambe le cose, certo è che quelle posate saranno venute uno schifo.

La luce della cucina filtra attraverso una porta a spinta e un piano passavivande, ma non si vede nessuno. Non si sente nessuno a parte questo tintinnare metallico continuo. A quest’ora di notte la cucina di qualunque locale è chiusa e si possono consumare solamente caffè e avanzi. Quindi al barbone non è andata poi così male.

La cassiera è arrampicata su di uno sgabello davanti la cassa, gonna corta, gambe accavallate, tacchi alti che a malapena riesce a mettere sul poggiapiedi.

Poche semplici regole. Il primo fa una domanda. La persona che risponde ne fa un'altra a chi vuole. E così via.
In questo modo i nostri autori si fanno conoscere meglio al pubblico (e si divertono tra di loro).

 

Jona Editore: Serena Barsottelli, (quasi) quattro mesi di "amore" con Margherita Solani. Cosa sono stati? Se il personaggio nasce da te, i sentimenti sono reali? Come li hai vissuti/vivi?

Serena Barsottelli: Margherita è senza dubbio una donna attraente. Mi sono chiesta, a volte, se ci fosse un uomo dietro, ma l'ho sempre escluso. Non sono stati quattro mesi, perché il rapporto tra Antropologo e Margherita è stato un po' tormentato, come ogni storia d'amore che si rispetti! Senza dubbio sono stata attratta da una personalità così forte e così libera, forse perché spesso anche io avrei voluto essere un po' come lei (non zoccola, si dice libera!). Sicuramente l'affetto nato nei suoi confronti o in quelli di Vanessa prenderà una forma diversa da quella descritta nel gioco, ma un feeling lo sento con entrambe!

Serena Barsottelli: Vorrei chiedere ad Angela Colapinto come si è sentita nello scoprire che dietro Antropologo ci fosse una ragazza (non riesco a chiamarmi donna, abbiate pietà, ho la sindrome di Campanellino!)

Angela Colapinto: Ho sempre messo in conto che dietro ad Antropologo (come anche agli altri personaggi) ci potesse essere chiunque. Sono rimasta colpita, parecchio. È stata brava e sarebbe inutile negare che ha costruito un personaggio in grado di attrarmi e uomo in tutto. All'inizio mi sono sentita disorientata, a volte il confine tra quello che si scrive e quello che si è diventa molto sottile.

Angela Colapinto: Chiara Trombetta, nella tua vita esiste o è esistita quella che era Angelica per Nicola?

Chiara Trombetta: Sì, in un certo senso. Ma non si tratta di una persona sola. Diciamo che Angelica è la sintesi di tutte le persone che ho incontrato e che non ho potuto "toccare", con cui non ho potuto esprimermi, con cui è rimasto del "non detto" in sospeso.

Chiara Trombetta: A Serena Barsottelli. Da dove hai preso spunto per inventare il contenuto degli esperimenti a cui Nicola, Bianca e forse anche Eddy (se non erro) sono stati sottoposti dall'Antropologo?

Serena Barsottelli: Gli esperimenti erano stati studiati in base alle risposte dei vostri personaggi nel questionario, dagli status e dai post che avevate fatto. Erano nati da un confronto tra i due personaggi, Antropologo e Margherita. Sono venuti da soli, diciamo, guidati dai vostri personaggi. Altra cosa, invece, per gli esperimenti precedenti, che si basavano tutti sulle grandi domande a cui io, Serena, non so trovare risposta.

Serena Barsottelli: Domanda per Margherita Salterini: da dove è nata l'idea dell'insolita professione di Bianca? Sei in qualche modo attratta dal confine vita/morte?

Margherita Salterini: No, a dire la verità! Non nasce da nessuna indole o attrazione particolare. Semplicemente mi è capitato in passato di sentir parlare di qualcuno che si occupava di questo. Avevo indagato e lo avevo trovato interessante, per nulla fuori luogo o strambo.

Margherita Salterini: la mia domanda è per Nicoletta Fanuele: l'altro giorno ci hai detto che l'antipatia verso Bianca faceva parte del personaggio. Cosa intendevi? A quale caratteristica dovevi rimanere fedele?

Nicoletta Fanuele: Doveva esserci un antagonista, non poteva filare tutto liscio. Da qui nasce il pretesto della poca simpatia verso Bianca.

Nicoletta Fanuele: La mia domanda è per Peppe Patti: quanto senti di esserti realmente integrato nel gruppo?

Peppe Patti: Tanto quanto basta per non essere né dentro né fuori dal gruppo.

Peppe Patti: La mia domanda è per Nicoletta Fanuele: hai mai sentito di stare uscendo fuori dal personaggio e "rovinare" tutto?

Nicoletta Fanuele: No, mai. Ginevra aveva molti miei atteggiamenti, ma una storia decisamente più brutta.

Nicoletta Fanuele: Domanda per Debora Gatelli: Sin dall'inizio ho avuto la sensazione che il tuo fosse in realtà un personaggio molto reale. Tornando indietro, costruiresti lo stesso personaggio o viaggeresti di più con la fantasia, osando un po' di più?

Debora Gatelli: Si, è vero, Prisca è molto (forse troppo) reale. Probabilmente tornando indietro costruirei un personaggio diverso, non perché Prisca non vada bene in sé come personaggio, ma per mettermi maggiormente alla prova come autrice.

Debora Gatelli: Domanda per Nicola Rovetta: quale tra i personaggi avresti voluto avere come amico/a nella tua vita reale?

Nicola Rovetta: L'Antropologo nel presente. Nicola nel passato, avremmo fatto qualche bevuta speciale probabilmente insieme.

Nicola Rovetta: Domanda per Margherita Salterini: se facessi tu il lavoro del tuo personaggio pensi che il tuo rapporto con l'altro mondo resterebbe lo stesso???

Margherita Salterini: Se con "altro mondo" intendi il famigerato post mortem... Sì, credo rimarrebbe lo stesso. Poi oh, iniziassi a vedere i morti o cose del genere, potrei eventualmente ritrattare

Margherita Salterini: Angela Colapinto cosa hai pensato quando hai letto il mio nome?

Angela Colapinto: NON CI CREDO. ASPETTA, HO LETTO MALE. Poi sei stata aggiunta al gruppo come Margherita. Abbiamo passato intere serate (e non poche) una di fianco all'altra ignare di tutto. Questo è stato uno shock, altro che AntropologA.

Angela Colapinto: Mariarosa Quadrio. La Vallini, Margherita, proprio non la sopporta. Mariarosa, invece, cosa pensa di Margherita? Avrebbe qualcosa da dire a Vanessa a riguardo?

Mariarosa Quadrio: Io adoro Margherita Solani, mi è stata simpatica subito. Ho fatto fatica a mantenere alta la tensione tra le due, perché la maggior parte delle volte ti avrei dato un cinque alto, ma ero costretta a detestarti. Ho provato a dirle che eri una a posto, ma la sua gelosia era troppa. Ci sto lavorando, però.

Mariarosa Quadrio: Serena Barsottelli, hai mai pensato che Vanessa o Margherita avrebbero potuto essere dei camionisti? Hai mai temuto di scoprire chi fossero veramente?

Serena Barsottelli: No, anzi, ero molto curiosa di scoprire quanto il vostro personaggio fosse somigliante o diverso da voi!

Serena Barsottelli: Chiara Trombetta ti è mai capitato di sentirti un po' come il tuo Nicola, inetta? Se sì, puoi dirci quando?

Chiara Trombetta: Spesso, a dire il vero. Nella città in cui sono nata non mi sono mai sentita al mio posto. Quindi mi capita/capitava spesso.

Chiara Trombetta: Faccio l'ultima domanda prima di andare, a Mariarosa Quadrio. I bei disegni che ogni tanto Vanessa condivideva sono opera tua?

Mariarosa Quadrio: Purtroppo sì. Mi piace disegnare, purtroppo faccio mille cose e tutto in maniera mediocre. Mi sarebbe piaciuto imparare però.

 

Tutte le immagini de il gioco sono sempre di Alberto Baroni.
Collage di Mariarosa Quadrio.

Balassi/Salterini: offerta 2x1

 

 

-          Nome?

Bianca Balassi.

-          Età?

Trentacinque.

-          Dove vivi?

A' Capitale!

-          Il tuo maggior pregio?

So stare al (Il) Gioco.

-          Il tuo peggior difetto?

Mento quando si parla di cibo.

-          Il peggior difetto del tuo alter ego?

Mangia TUTTO.

-          Di' qualcosa al tuo alter ego, che non gli hai mai detto:

Prima o poi vedrai che il metabolismo ti cambia e...BAM!

-          Cosa ti resterà di questa esperienza?

Io! E una manciata di altra gente inventata carina.

 

 

-          Nome?

Margherita Salterini.

-          Età?

Ventisette.

-          Dove vivi?

Bologna.

-          Il tuo maggior pregio?

Dico sempre quello che penso.

-          Il tuo peggior difetto?

Dico sempre quello che penso.

-          Il peggior difetto del tuo alter ego?

È brava a fingere.

-          Di' qualcosa al tuo alter ego, che non gli hai mai detto:

Basta con 'sto Nicola! NON NE VUOLE!

-          Cosa ti resterà di questa esperienza?

Mi sa una marea di lavoro da fare :D

Vallini/Quadrio, chi è personaggio e chi persona?

VANESSA VALLINI

-          Nome?

-          Vanessa Vallini.

-          Età?

-          Trentacinque anni.

-          Dove vivi?

-          Milano.

-          Il tuo maggior pregio?

-          Credo la bontà e la sensibilità.

-          Il tuo peggior difetto?

-          Sono troppo ansiosa.

-          Il peggior difetto del tuo alter ego?

-          È un po’ stronza.

-          Di’ qualcosa al tuo alter ego, che non gli hai mai detto:

-          Tiratela meno e leva quella foto che fa veramente schifo.

-          Cosa ti resterà di questa esperienza?

-          Resteranno i quattro mesi più intensi della mia vita.

MARIAROSA QUADRIO

-          Nome?

-          Mariarosa Quadrio (Mari)

-          Età?

-          Quarantotto anni.

-          Dove vivi?

-          In provincia di Pisa.

-          Il tuo maggior pregio?

-          Sono una che vive e lascia vivere.

-          Il tuo peggior difetto?

-          Perdo presto la pazienza.

-          Il peggior difetto del tuo alter ego?

-          È logorroica.

-          Di’ qualcosa al tuo alter ego, che non gli hai mai detto

-          Cerca di essere meno patetica.

-          Cosa ti resterà di questa esperienza?

-          Nuovi amici e la grande opportunità di scrivere qualcosa che mi piace e di vederlo pubblicato; per me è un sogno che si avvera.

 

 - Nome?

Margherita Solani.

-         Età?

Trentaquattro anni.

-           Dove vivi?

Ferrara.

-           Il tuo maggior pregio?

La bellezza.

-           Il tuo peggior difetto?

Ho difetti?

-          Il peggior difetto del tuo alter ego?

La rigidità.

-          Di’ qualcosa al tuo alter ego, che non gli hai mai detto:

Se la smettessi di contraddirti...

-           Cosa ti resterà di questa esperienza?

 Sensazioni che non so se riuscirò mai più a provare (è cosa rara per me). E un “fidanzato”. Ho scritto fidanzato?

Angela

-   Nome?

Angela Colapinto.

 

- Età?

 Trentotto anni

-         Dove vivi?

Bologna.

-        Il tuo maggior pregio?

L'apertura mentale.

-        Il tuo peggior difetto?

La scarsa tolleranza.

-        Il peggior difetto del tuo alter ego?

La dà via.

-        Di’ qualcosa al tuo alter ego, che non gli hai mai detto?

Copriti quel seno, per cortesia!

-        Cosa ti resterà di questa esperienza?

Nuove conoscenze e tutto quello che ho imparato dal mettermi alla prova ogni giorno. Insieme alla possibilità che i sogni diventino realtà.

 Ed eccoci arrivati all'ultima intervista: Nicola Rovetta ci parla del suo personaggio, Eddy Jonston.

 

- Ciao, ti puoi presentare?

Mi chiamo Nicola e ho 24 anni. Sono disoccupato e non c'è traccia di lavoro all'orizzonte.

Ho da poco conosciuto l'arte delle parole e da quando scrivo mi rendo conto che sono più felice, è forse la miglior psicanalista esternare con la scrittura pensieri ed emozioni, l'inanimata carta sembra essere molto viva con i consigli che si porta dietro.

Oltre a leggere e scrivere mi piace in generale la scienza e la natura, questi sono due punti in comune con Eddy.

 

- Come sei venuto a conoscenza de il gioco?

Tramite una conoscenza, ''amicizia'' su Facebook.

 

- Come mai hai deciso di partecipare?

Una nuova avventura che alimenta fantasia ed ispirazione letteraria conoscendo personaggi strabilianti, l'unico motivo per non farlo può essere una malattia mentale.

 

- Spiegaci cosa vuol dire stare per quattro mesi in un gruppo di estranei.

Il fatto che siano persone estranee è forse la parte più divertente, non solo ho imparato a conoscerli ma è proprio durante il percorso che è stato inressante improvvisare certe sfaccettature del mio personaggio, alcuni sanno bene che ha i genitori nati a Salem il paese del fuoco alle streghe. Non so perché ho voluto concedere certi aspetti solo ai più curiosi.

- Ci parli del tuo personaggio e del perché l'hai scelto?

Quando ho creato Eddy ho pensato che dovesse essere caratterizzato da una lotta interiore, da una parte il ricordo delle esperienze di bullismo a tirar fuori quella parte inetta, dall'altra la lotta per vincerle e il senso di giustizia ed i raptus furiosi con mano fasciata e porte rovinate che ne conseguono. La storia che racconto con il personaggio è appunto quella di un ragazzino bullizzato che soffre di un complesso di inferiorità fino a credersi totalmente un idiota fino a cercare di farsi quella vita che sentiva sempre impalpabile tra le sue mani.

Ho creato questo personaggio perché il bullismo è la prima forma d'odio a dover essere eliminata che spesso si trasmette dal boia trasformando la la vittima in una pentola colma d'odio.

 

 - Che legami hai creato nel gruppo?

Eddy: Tutto sommato è stato piacevole con tutti. Mi sono trovato in una piacevole sintonia di pensiero con Margherita Solani ed è stato piacevole partecipare agli esperimenti dell'antropologo. A proposito, quando ricominciano?

Oltre a questo l'ho già detto nel gruppo, ho conosciuto troppo poco Giuseppe e Ginevra.

Intervistiamo Angela Colapinto, una delle due vincitrici de Il Gioco,  creatrice di Margherita Solani.

 

- Ciao, ti puoi presentare per noi?

Sono quasi sicura di essere Angela, di avere 38 anni e di vivere a Bologna. Mi piace giocare. Soprattutto, amo scrivere. Un sogno, che piano piano ha iniziato a spingere da dentro e a reclamare attenzione. Ed eccomi qui. Penso che abbia vinto lui, a questo punto, e ne sono felice.

- Come sei venuta a conoscenza de Il gioco?

Dalla pagina facebook di Jona Editore.

- Come mai hai deciso di partecipare?

Quando ho letto il bando, ricordo di essere rimasta colpita dall'alone di mistero in cui era immerso. Ho trovato davvero geniale l'iniziativa, e ho pensato che fosse un'avventura da non perdere: poter agire un personaggio che non sei tu ma che in realtà sei tu. Così mi sono candidata, di pancia, e dopo un po' di giorni mi è arrivata la conferma. Ero dentro.

- Spiegaci cosa vuol dire stare per quattro mesi in un gruppo di estranei.

Si agisce mai veramente senza filtri con gli altri? Se dovessi rispondere io potrei azzardare un “ci provo” ma la verità è “no”. Ecco, ne Il Gioco è stato esattamente il contrario, e questo ha reso quegli estranei meno estranei di quello che erano. Per me ha significato conoscere con la C maiuscola, esplorare. Condividere senza barriere o vie di fuga.

- Ci parli del tuo personaggio e del perché lo hai scelto?

Margherita Solani ha 34 anni ed è single. Lei direbbe: “per scelta”.

Nella sua vita non mancano gli uomini, con i quali si diletta ogni volta che ne ha modo.

È stata cresciuta da una zia tanto capace di insegnarle come cavarsela, quanto incapace di trasmetterle affetto.

Non ama il genere umano. Vorrebbe fare l'opinionista, essere una di quelle persone pagate per dire quello che pensa. Dovendosi accontentare di un lavoro da impiegata, da anni sfoga la sua rabbia compilando un quaderno che chiama Detestiario, nel quale inserisce tutte le persone che a suo giudizio non meritano di popolare questa terra.

Ho scelto Margherita perché è stata, è e continuerà a essere quella “malgrado me stessa” che ho accettato esistere e con la quale faccio pace ogni giorno. L'ho scelta perché poteva allo stesso tempo rappresentarmi ed essere molto diversa da me.

Una contraddizione che credo sia parte di ognuno di noi.

Intervistiamo Angela Colapinto, una delle due vincitrici de Il Gioco,  creatrice di Margherita Solani.

 

- Ciao, ti puoi presentare per noi?

Sono quasi sicura di essere Angela, di avere 38 anni e di vivere a Bologna. Mi piace giocare. Soprattutto, amo scrivere. Un sogno, che piano piano ha iniziato a spingere da dentro e a reclamare attenzione. Ed eccomi qui. Penso che abbia vinto lui, a questo punto, e ne sono felice.

- Come sei venuta a conoscenza de Il gioco?

Dalla pagina facebook di Jona Editore.

- Come mai hai deciso di partecipare?

Quando ho letto il bando, ricordo di essere rimasta colpita dall'alone di mistero in cui era immerso. Ho trovato davvero geniale l'iniziativa, e ho pensato che fosse un'avventura da non perdere: poter agire un personaggio che non sei tu ma che in realtà sei tu. Così mi sono candidata, di pancia, e dopo un po' di giorni mi è arrivata la conferma. Ero dentro.

- Spiegaci cosa vuol dire stare per quattro mesi in un gruppo di estranei.

Si agisce mai veramente senza filtri con gli altri? Se dovessi rispondere io potrei azzardare un “ci provo” ma la verità è “no”. Ecco, ne Il Gioco è stato esattamente il contrario, e questo ha reso quegli estranei meno estranei di quello che erano. Per me ha significato conoscere con la C maiuscola, esplorare. Condividere senza barriere o vie di fuga.

- Ci parli del tuo personaggio e del perché lo hai scelto?

Margherita Solani ha 34 anni ed è single. Lei direbbe: “per scelta”.

Nella sua vita non mancano gli uomini, con i quali si diletta ogni volta che ne ha modo.

È stata cresciuta da una zia tanto capace di insegnarle come cavarsela, quanto incapace di trasmetterle affetto.

Non ama il genere umano. Vorrebbe fare l'opinionista, essere una di quelle persone pagate per dire quello che pensa. Dovendosi accontentare di un lavoro da impiegata, da anni sfoga la sua rabbia compilando un quaderno che chiama Detestiario, nel quale inserisce tutte le persone che a suo giudizio non meritano di popolare questa terra.

Ho scelto Margherita perché è stata, è e continuerà a essere quella “malgrado me stessa” che ho accettato esistere e con la quale faccio pace ogni giorno. L'ho scelta perché poteva allo stesso tempo rappresentarmi ed essere molto diversa da me.

Una contraddizione che credo sia parte di ognuno di noi.

Intervistiamo Debora Gatelli, l'ultima scrittrice entrata ne Il gioco, ma subito parte integrante del gruppo, che ci porta la sua Prisca Aramini.

 

-          Ciao, ti puoi presentare per noi ?

Mi chiamo Debora, ho 41 anni e sono cresciuta in un micropaesello della provincia di Varese. Ho studiato statistica all’università di Bologna e lavoro per la Commissione Europea a Bruxelles.

Nei miei quasi sei anni di vita in Belgio sono riuscita ad accalappiarmi un aitante autoctono fiammingo dal pelo biondastro, con il quale sto attivamente contribuendo al sovraffollamento del pianeta. Abbiamo infatti sfornato una pestifera vichinga due anni fa e ce n’è una seconda in fase di produzione!

Nonostante la formazione decisamente scientifica, ho da sempre una grande passione per la scrittura, che uso soprattutto a scopo terapeutico per travasare l’eccesso di emozioni dal cuore al foglio ogni qual volta lo spazio per contenerle risulti insufficiente.

Mi reputo una persona iperattiva e fortemente terrorizzata dalla noia; ciò fa sì che io rimpinzi la mia vita con le attività più disparate e tra loro incompatibili fino al punto in cui, ovviamente, non riesco più a gestirle tutte quante.

-          Come sei venuta a conoscenza de “il Gioco”?

Sono iscritta da poco alla newsletter di Jona Editore e non ero dunque al corrente dell’esistenza de “il Gioco” quando furono fatte le selezioni iniziali. Ricevetti però una email a metà ottobre in cui cercavano ulteriori personaggi da inserire e l’iniziativa attirò immediatamente la mia attenzione.

-          Come mai hai deciso di partecipare?

Ero in ufficio quando ricevetti l’email e pensai che sarebbe stato un peccato non provarci; così nella pausa pranzo scrissi una paginetta con la presentazione del mio personaggio e la inviai immediatamente. L’idea era davvero accattivante, mi sembrava una sorta di Grande Fratello per scrittori ambientato su Facebook.

Adoro scrivere e amo le sfide: non potevo fare altro che buttarmici a capofitto.

-          Spiegaci cosa vuole dire stare per quattro mesi in un gruppo di estranei.

Il mio caso è leggermente diverso dagli altri in quanto sono entrata ne “il Gioco” per ultima. La mia permanenza nel gruppo è dunque stata di un solo mese e mezzo, ma la considero comunque un’esperienza molto forte.

Entrando a gioco già iniziato, mi sono trovata catapultata in un gruppo di persone che si conoscevano bene, avevano intrecciato relazioni piuttosto strette e spesso parlavano di cose che a stento riuscivo a capire.

I primi giorni sono stati molto intensi; ho cercato di leggere più post possibili per costruirmi un’idea dei personaggi e allo stesso tempo facevo del mio meglio per farmi conoscere da loro.

Una volta presa confidenza, l’esperienza è stata davvero arricchente. Come era prevedibile ho presto sviluppato una preferenza verso alcuni personaggi mentre altri mi sono rimasti piuttosto indifferenti, ma la cosa inaspettata è stato il forte e crescente coinvolgimento che mi ha portata a mischiare sempre più la mia vita reale con quella de “il Gioco” fino a procurarmi un principio di crisi di identità.

Non avendo idea alcuna di chi si celasse dietro ai vari personaggi, sono stata obbligata a prenderli per come si presentavano, fino a considerarli delle persone vere e proprie all’interno della mia vita. Insomma, a un certo punto mi sono scordata io stessa di essere un personaggio: è stato come vivere due vite contemporaneamente, da un lato la mia vita di tutti i giorni e dall’altro quella all’interno de “il Gioco”, in una sorta di dimensione parallela.

-          Ci parli del tuo personaggio e di perché lo hai scelto?

Come dicevo poco fa, ho scritto il profilo del mio personaggio di getto, senza pensarci più di tanto. Mi è dunque venuto spontaneo crearlo a mia immagine e somiglianza, limitandomi a esagerarlo un poco sotto svariati aspetti.

Prisca Aramini sono io, unicamente senza freni e condizionamenti esterni. Posso dire che il mio personaggio sia una versione allo stesso tempo peggiore e migliore di ciò che sono nella realtà.

Prisca è il nome che mia mamma mi avrebbe volentieri appioppato quando sono nata se nessuno si fosse opposto, mentre Aramini era il cognome da ragazza di mia nonna.

Prisca Aramini soffre da sempre di un grave sdoppiamento della personalità che la rende piuttosto instabile e contradditoria agli occhi degli altri. E’ del segno dei gemelli e dentro di lei convivono due entità differenti che spesso litigano tra loro rendendole la vita piuttosto difficile ma anche molto eccitante; lei chiama queste entità il “gemello buono” e il “gemello cattivo”.

Ho scelto di impersonare questo personaggio perché mi sarebbe venuto naturale, senza forzature. E’ stato bello poter finalmente essere me stessa senza dovermi preoccupare di tenere a freno né l’uno né l’altro dei due gemelli, senza l’obbligo di mantenere un contegno per non fare brutta figura, senza la paura di sembrare una pazza.

-          Che legami hai creato all’interno del gruppo?

Ovviamente non ho interagito con tutti allo stesso modo e fin dai primi giorni ho capito chi sarebbero stati i personaggi con i quali costruire un legame. Ho immediatamente sentito una forte affinità di pensiero e carattere con Margherita, affinità che è cresciuta con il tempo e si è mantenuta sino alla fine; Margherita è uguale e opposta a me, ha una mente fervida che va a braccetto con la mia lingua biforcuta e un’intolleranza che invita a nozze il mio gemello cattivo. Allo stesso tempo ho stretto amicizia con Vanessa, che mi ha dimostrato da subito un affetto sincero e con la quale ho fatto delle bellissime chiacchierate; Vanessa è riuscita a fare in modo che durante la giornata io mi sorprendessi a pensarla, chiedendomi come stesse e augurandomi che riuscisse a dormire la notte. Un legame completamente diverso è quello che si è creato con Andrea: poche conversazioni ma schiette e dirette al punto. Ho amato molto il suo personaggio proprio perché scomodo e ambivalente; il mio gemello cattivo si è relazionato con l’Andrea diabolico mentre il mio gemello buono si godeva l’Andrea sensibile e romantico. Un mix perfetto.

Posso dire di non aver creato alcun legame negativo o teso, perché il mio gemello buono è un vero maestro nel mantenere buoni rapporti con tutti. Resta il fatto che con alcuni personaggi non ho avvertito nessuna particolare affinità e non mi sono sentita in dovere di sforzarmi per crearla.

-          Una cosa che cambieresti? Una persona che non avresti voluto conoscere all’interno del gruppo?

Avrei davvero preferito poter entrare nel gruppo all’inizio de “il Gioco” invece che alla fine; ciò mi avrebbe dato la possibilità di costruire rapporti più approfonditi e di vivere l’avventura in modo più completo. Non c’è nessuna persona che non avrei voluto conoscere, ma ce ne sono alcune che anche se non ci fossero state non avrebbero fatto per me una gran differenza.

-          Adesso spiegaci cosa hai provato nel conoscere la vera identità dei tuoi compagni di gioco.

È stato emozionante, l’ho davvero vissuto come un momento carico di tensione e curiosità. È stato anche difficile, perché da un momento all’altro tutte le maschere sono cadute e i personaggi che credevo di conoscere hanno cambiato aspetto. Improvvisamente ognuno di loro aveva un viso, una vita, un ruolo completamente diversi da quelli a cui mi ero abituata.

Ho anche provato un lieve senso di smarrimento e confusione, mentre tentavo di raccapezzarmi tra nomi e visi degli autori. E’ stato divertente scoprire che due dei personaggi uomini erano in realtà delle donne, è stato esilarante scoprire che due delle ragazze sono amiche nella vita e non hanno mai sospettato l’una della presenza dell’altra; è stato bello e brutto allo stesso tempo perché un intero nuovo mondo ci si è aperto, disperdendo un poco la magia dell’incognito nella quale ci crogiolavamo da tempo.

-          Finito il gioco e le pubblicazioni che ne derivano, cosa pensi che succederà al tuo personaggio?

Prisca è sempre esistita e continuerà a esistere. Il Gioco è stato una meravigliosa opportunità per trovarmi faccia a faccia con diverse parti di me, concedendomi il lusso di lasciarle libere di esprimersi. Credo che sfrutterò questa occasione per non richiudere il gemello cattivo in uno stanzino; ho sempre saputo che tra i due è lui il più in gamba e non è giusto che io lo soffochi continuamente. Farò del mio meglio per tenere vivo il mio personaggio e per farlo crescere ulteriormente; Prisca non ha avuto il tempo di essere tutto quello che è, e io non vedo l’ora di poterle dare tutto lo spazio che merita.

-          Al di là del gioco, progetti di scrittura?

Come dicevo, in genere scrivo a scopo terapeutico; la mia ispirazione non è mai stata a getto continuo e da sempre alterno periodi di produzione a lunghi silenzi. Forse è giunto il momento di fare un passo avanti, di crescere sia come voce che come penna. Mi piacerebbe riuscire a sganciarmi da me stessa e scrivere finalmente qualcosa che non sia introspettivo o autobiografico; vorrei inoltre spingermi al di là del semplice racconto e provare a concepire qualcosa che assomigli a un romanzo.

 -     Un ultimo aggettivo, solo uno, per definire i tuoi quattro mesi ne Il gioco.

       Destabilizzanti.

 

In questa intervista conosciamo Chiara Trombetta e il suo Nicola Ventimiglia.

 

- Ciao, ti puoi presentare per noi?

Ciao a tutti, sono Chiara Trombetta, ho 22 anni, sono laziale, e sono laureata in Mediazione Linguistica e Culturale. Lingua, letteratura e tutto ciò che può essere raggruppato sotto l’etichetta di “umano/umanistico” sono farina del mio sacco e cibo per la mia mente, scrittura compresa, dunque.


- Come sei venuta a conoscenza de Il gioco?

Per caso, seguendo l’account Instagram della Jona Edizioni. Scorrevo svogliatamente l’indice sulla home, così, per ammazzare il tempo, strisciando da un post all’altro, ed ecco che mi salta all’occhio il bando de Il Gioco. Una volta lette le istruzioni mi sono detta “Perché non provare?”.

- Come mai hai deciso di partecipare?

La descrizione del progetto mi è parsa troppo allettante per essere ignorata. La redazione invitava i partecipanti a inventare un personaggio attraverso cui esprimere liberamente se stessi, senza regole riguardo a sesso, età, temperamento. Un vero invito a essere ed esistere nonostante la persona che si è tutti i giorni. Irrinunciabile. In più, la prospettiva di usare i social a scopo letterario mi ha incuriosito molto.

- Spiegaci cosa vuol dire stare per quattro mesi in un gruppo di estranei.

All’inizio è un po’ come il primo giorno di liceo, quando i compagni di classe ancora non si conoscono e si studiano a vicenda di sottecchi. Almeno per me, i primi tempi sono stati d’osservazione e di apertura: ciò che mi sembrava importante era riuscire a esternare nel miglior modo possibile l’immagine di Nicola che avevo costruito nella mia testa e, al tempo stesso, riuscire a penetrare nel “sistema-personaggio” degli altri. Col passare dei mesi ho finito per appassionarmi alle storie degli altri membri del gruppo, più o meno come accade seguendo una serie tv o leggendo giorno per giorno le pagine di un romanzo, col vantaggio però di poter interagire, partecipare, in parte influenzare e modificare il loro vissuto e i pensieri che sceglievano di condividere.

- Ci parli del tuo personaggio e del perché lo hai scelto?

Nicola Ventimiglia nasce dall’angolo della mia personalità che spesso e volentieri rimane in ombra, specie da una prospettiva esterna. Empatico, paranoico, ironico, un vero essere umano, la cui smisurata umanità serve solo a tenerlo incastrato in un limbo costante fatto di senso di colpa e di enorme ambizione. Ha appena venticinque anni, eppure già si sente un fallito, vive alla giornata, smarrito, altalenante, privo di sicurezze e di qualsiasi progetto di vita. Impiega la notte a rimuginare sui dettagli che la luce del giorno gli regala e, nonostante tutto lo sfacelo che semina e raccoglie, è incapace di arrendersi di fronte alla certezza della propria inettitudine pratica e morale.

- Che legami hai creato all’interno del gruppo?

I personaggi con cui ho legato maggiormente e che più ho amato sono sicuramente Margherita e Andrea. La sicurezza ostentata da Margherita mi ha stregata sin dai primi giorni, quando fu la prima a darmi il benvenuto nel progetto commentando la mia presentazione. Il personaggio di Andrea mi ha affascinata per la profondità che ogni sua parola e, quando poi abbiamo cominciato a interagire in privato, sia lui che Margherita si sono affezionati molto a Nicola. Senza ombra di dubbio, la loro vittoria è più che meritata. Anche con Vanessa è nato un buon rapporto, forse dovuto ai disastri quotidiani di cui sia lei che Nicola sembravano collezionare.

- Una cosa che cambieresti? Una persona che non avresti voluto conoscere, all’interno del gruppo?

Se potessi cambiare qualcosa, cercherei di conoscere meglio i personaggi con cui ho interagito meno, come Ginevra, Giuseppe, Eddy e Prisca. Li conosco solo di riflesso. Infatti, le parole tra noi non sono state molto numerose. Non potrei affatto dire, invece, di desiderare di non aver conosciuto qualcuno all’interno del gruppo, sarebbe una bugia bella e buona.


- Adesso spiegaci cosa hai provato nel conoscere la vera identità dei tuoi compagni di gioco.

Ammetto che è stato alquanto scioccante. Sospettavo già che dietro la tastiera di Andrea ci fosse una donna ed è stato interessante confrontare provenienza, professione, piccoli dettagli di ciascuno dei partecipanti con gli elementi che caratterizzano i personaggi che hanno partorito. Chissà invece quanti avevano intuito che Nicola è scaturito dalla mente di una donna. Confesso pure di sentirmi “nuda” adesso di fronte alla loro lente di ingrandimento, ma credo sarà piacevole continuare a lavorare tutti insieme.

- Finito il gioco e le pubblicazioni che ne derivano, cosa pensi che succederà al tuo personaggio?

Ormai Nicola è venuto al mondo e, proprio in concomitanza con la fine de Il Gioco, la sua esistenza si evolveva e cambiava. Nicola continua a evolversi sempre e a fermentare, perciò penso sia destinato a crescere ancora, soprattutto perché, di tanto in tanto, piccoli sprazzi della sua eccentricità sbucano fuori nella mia vita di tutti i giorni, suggerendomi idee e possibilità sempre nuove.

- Al di là del gioco: progetti di scrittura?

La scrittura in senso lato è parte della mia identità come persona. Se non scrivessi più, non sarei me stessa e credo sarebbe fantastico poter scrivere non più solo per me, nei ritagli di tempo ancora liberi, ma in modo serio e costante, penetrando anche l’aspetto professionale della mia quotidianità.

- Un ultimo aggettivo, solo uno, per definire i tuoi quattro mesi ne Il gioco.

Borderline.

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