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Questa è la prima delle "storie" che pubblichiamo. Storie vere, nessuna invenzione. Storie di persone che hanno lasciato un segno con  un modo di vedere e di interpretare le regole e la vita. Persone a cui vogliamo bene, anche senza averle mai conosciute; persone  a cui siamo grati, anche se non glielo abbiamo mai potuto dire.
Su gentilissima concessione di Barbara, autrice dello scritto, e con la approvazione di Rachel, la figlia di Papone, ecco a voi:



Giuseppe Sonnino è molto noto in “Piazza”, al Portico d’Ottavia dove è conosciuto con l’affettuoso nomignolo di Papone. Parla bene l’ebraico, scandendo le sillabe con il caratteristico accento degli ebrei romani. Scherza sempre con tutti, e alcune volte i suoi scherzi sono grevi, ma questa è una sua caratteristica.
Nei suoi ricordi parla sempre di quando faceva “er sordato” in Israele, cominciando nella “mahteret”, la resistenza, appena prima della proclamazione dello Stato, e poi nell’Haganà, l’esercito regolare.
Forse non sa che il caso ha voluto che partecipasse alle più importanti battaglie delle neonate forze armate d’Israele. E non sa neppure di essersi comportato da eroe.
L’avventura di “Papone” inizia nel 1945 quando, appena sedicenne, decise di recarsi in Palestina, dove frequentò – dopo un breve soggiorno al campo di transito di Beit Lid – la scuola agricola di Ben Shemen.
Da lì entrò a far parte del Kibbutz di Givat Brenner dove, nel 1947 iniziò l’addestramento militare.

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