Strutture - Le interviste

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Strutture, pochi giorni all'uscita. Renzo Semprini Cesari lo conoscete tutti bene, ma gli altri autori? Ecco delle brevi interviste.

 

 CLAUDIO GORI



-        Ci puoi parlare della tua attività artistica?

La pittura è sempre stata il mio mezzo d’espressione prediletto: prima ancora delle parole, dice meglio di me la mano che stringe il pennello. Questa passione è cresciuta fin dall’infanzia, trovando la sua piena espressione dopo la frequentazione di una scuola di pittura. Dal figurativo al concettuale, ho esplorato (e continuo a esplorare) tutte le mie possibilità con una tela. Da alcuni anni faccio parte del gruppo “officina d’A”.

-          Come sei arrivato a “Strutture” e qual è il tuo ruolo all’interno di questa opera?

Strutture è il risultato di una riflessione nata dall’incontro tra alcune idee di Gianni (Gianni Caselli, n.d.r.) e i restanti componenti del gruppo. È un lavoro a cui ognuno ha contribuito spontaneamente secondo la propria sensibilità, senza alcuna eccezione.

-          Ce ne puoi parlare nello specifico? Dovessi descrivere “Strutture” a una persona che non sa cosa sia, cosa diresti?

“Strutture” è un progetto che, attraverso l’arte, tenta di mostrare la molteplicità di quelle strutture, appunto (architettoniche, mentali, sociali, per citarne alcune), che circondano l’uomo, lo sostengono e possono salvarlo… o ingabbiarlo. “Strutture” è insieme una rappresentazione e una riflessione su questo tema così pressante nell’era del progresso tecnologico.

-          Dovessi scegliere un’opera o un pensiero all’interno di “Strutture” per definirla, quale sceglieresti?

Sceglierei uno dei miei “sistemi funzionali”, precisamente uno dei quadri coi cerchi riprodotti sulla tela di sacco. Questo perché penso al cerchio, che non può mai perfettamente combaciare con la sua quadratura, come al perfetto esempio di questa dialettica tra la struttura e ciò che essa sorregge o limita.

-          Un motivo per essere uno spettatore di “Strutture”?

Ciò che “Strutture” rappresenta è il quotidiano, in cui ogni uomo è immerso, che lo voglia o no. “Strutture” si propone di rendersi piacevole alla vista del pubblico, ma anche quale spunto di riflessione su un tema talmente attuale da non essere più ignorabile.

-          Dopo “Strutture”, cosa? (i prossimi lavori di Officine d’A)

Io non direi “dopo Strutture”, ma che “Strutture” crescerà e muterà come l’oggetto della sua ricerca. Ricerca che continuerà sotto altre vesti andando a sfiorare altri temi: una realtà in divenire che da questo progetto trarrà linfa e ispirazione.

 GIANNI CASELLI



Ci puoi parlare della tua attività artistica?

Mi sono avvicinato all'arte da bambino. Avevo un anziano parente pittore, Silvio Bicchi, figlio della scuola di Giovanni Fattori, quindi macchiaiolo: i suoi quadri erano appesi alle pareti di casa e ho iniziato a fare arte copiandoli e seguendo i suoi consigli. Successivamente mi sono formato presso la scuola Umberto Folli di Miramare di Rimini condotta dal Prof. Enzo Berardi.

Il mio percorso pittorico è in continua ricerca, ho sempre prediletto scavare in profondità come un archeologo piuttosto che accontentarmi dei facili effetti che si raggiungono col mestiere e con l'esperienza. Nel 2001 ho aperto lo studio nel quale lavoro con l'intenzione di farlo diventare un luogo di incontro aperto al confronto fra gli artisti; pittori ma anche musicisti, scrittori ecc..

Da questa idea è nata nel 2004 l'associazione Officina d'A con l'intento di coniugare la ricerca artistica a un fine filosofico e sociale.

Come sei arrivato a strutture e qual’è il tuo ruolo all'interno di questa opera?

 Nel 2008 ho iniziato a interessarmi al tema delle strutture intese come costruzioni, sia fisiche, sia mentali, sempre più complesse e sempre più distanti dalla natura. L'uomo, in modo sempre più esponenziale, perde la sua umanità e diventa tecnologicamente figlio di se stesso, un prodotto, un automa comandato dal mercato economico. Dietro queste considerazioni ho iniziato a distaccarmi dalla pittura figurativa e a sperimentare l'informale, coinvolgendo gli amici artisti dell'associazione.

Ce ne puoi parlare nello specifico? Dovessi descrivere “strutture” a una persona che non sa cosa sia, cosa diresti?

 Guardiamoci intorno e facciamo un esperimento: proviamo a mettere in relazione la vita degli animali e le loro strutture semplici, con le quali vivono in armonia con la natura, e l'uomo, che invece si sta discostando sempre di più da tutto questo. L’uomo è l'unico animale anomalo, le sue costruzioni, la burocrazia, le città sempre più caotiche, le comunicazioni, la pubblicità, tutto lo sta inghiottendo, ci sta inghiottendo, in un vortice sempre più veloce dove anche gli spazi vitali si restringono. La tecnologia anziché aiutarci ad avere tempo libero e minore costo dei prodotti crea disoccupazione e prodotti spesso usa e getta, di bassa qualità, che non fanno altro che inquinare ed accumulare immondizia. Diventeremo Re, ma di una grande pattumiera dove come in un girone infernale ci nutriremo dei nostri stessi escrementi

 Dovessi scegliere un'opera o un pensiero all'interno di strutture per definirla, quale sceglieresti?

 Ogni mia opera all’interno di Strutture identifica un aspetto della nostra alienazione, ci troviamo inconsapevoli prigionieri di situazioni prodotte da ciò che noi stesso abbiamo creato, ma se dovessi sceglierne una indicherei “scomunicazione”: una grande bocca aperta su un corpo stilizzato che assorbe colori, immagini e informazioni delle quali dentro di noi rimane quasi nulla. Subiamo un continuo bombardamento di disinformazione, dettata tra le altre cose dalla pubblicità e dal chiasso, ma la nostra interiorità non ha davvero più valore? Chi presta attenzione e ascolto alle persone? Quanto influisce sul nostro stato l'industria del business?

 Un motivo per essere uno spettatore di “strutture”?

 Strutture si propone di acquisire consapevolezza nella società in cui viviamo, chiedersi fino a che punto siamo disposti a perdere pezzi di libertà per avere una sicurezza che sopisca le paure. Stiamo vivendo come biglie dentro un cubo, continuiamo a sbattere senza più via d'uscita. Vorrei che lo spettatore di strutture diventasse parte del progetto, si identificasse in un anello di una catena infinita che si spezza.

 Dopo strutture cosa? ( i prossimi lavori di Officina d'A)

 Stiamo lavorando a vari progetti, su diversi fronti, e appena si realizzerà qualcosa di concreto lo renderemo noto. Per il momento posso solo dire che sono tutte declinazioni di strutture. Questo tema ha molto da dire.

 FREDDY VERONI

 

 

Ci puoi parlare della tua attività artistica?

Certo, anche solo guardandomi non ci si può aspettare dalla mia pittura nulla di zuccheroso, stuzzichevole o rugiadoso. Io facendo il pittore mi diverto. Mi diverte tormentare le tele con forchetta e coltello come un piatto di pasta e fagioli; mi diverte sperimentare impasti come intingoli; mi diverte l’uso dei colori, che devono sbrodolare, macchiare, correre liberamente, sporcare, come su una tovaglia alla fine di un’abbonante e succulenta cena tra amici. Mi diverto nell’utilizzare le mie abilità tecniche in odio e in dileggio della tradizione, rifuggendo dalla retorica del pittore “è quello che dipinge a olio su tela” ., formuletta buona per accalappiare principianti o per le manifestazioni di folclore. Come pochissimi altri pittori riminesi, mi diverto a utilizzare terre sporche, gesso, sabbia, per ottenere quel risultato ruvido e grumoso che mi fa sentire parte della terra vera.

Come sei arrivato a strutture e qual è il tuo ruolo all’interno di questa opera?

Ho aspettato 3 anni, ma il risultato è racchiuso in 10 nuove opere. Una serie dove si ragiona sul mondo contemporaneo, come un Odissea, spesso troppo distratto dalla fretta e dalla superficialità e dove perdersi tra le strutture può essere facile. Stiamo diventando degli analfabeti dei sentimenti. La desertificazione dell’anima passa attraverso la maschera che indossiamo nei social network, dove sembra che comunichiamo ma in realtà ci nascondiamo a tutti e prima ancora a noi stessi. Ecco allora il bisogno di ripartire dalle basi, dal Lessico del cuore.

Ce ne puoi parlare nello specifico? Dovessi descrivere “strutture” a una persona che non sa cosa sia, cosa diresti?

Odisseo - Ogni giorno quando mi alzo ed affronto una nuova giornata mi sento un po’ come un Odisseo che parte per una conquista. Una conquista contro un iperbolico tempo che ci logora e consuma, in una società che, sempre più prigioniera delle strutture, non comunica più se non con codici: fiscali, a barre, password, sms, mms ecc., diventando sempre più arida, come la terra senz’acqua che si screpola e si spacca.

Dovessi scegliere un’opera o un pensiero all’interno di Strutture per definirla, quale sceglieresti?

La rabbia di Poseidone - Poseidone padre di Polifemo mandò una maledizione a seguito della cecità provocata da NESSUNO (Ulisse) a Polifemo, tanto da far impantanare nel mare la nave, senza vento e senza correnti, al fine di ostacolarne il ritorno a casa. E dunque cerchiamo di non assumere le sembianze di Polifemo, accecati da NESSUNO e impossibilitati a rientrare ogni giorno a casa, la struttura base della nostra società, cerchiamo di risalire la china e di non affondare nel pantano.

Un motivo per essere uno spettatore di “strutture”?

Curiosità. L’evento è stato già apprezzato da un migliaio di persone di varia estrazione sociale e culturale, la presenza continuativa degli artisti ha permesso di instaurare un dialogo con i cittadini sul senso dell’iniziativa e sulla sua realizzazione. Si è realizzato un confronto nel merito della performance, delle opere esposte e sul contributo che l’arte può dare alla società. E’ nato un legame tra arte, artisti e persone, che il progetto ha favorito, ampliando la discussione sui molti aspetti dell’essere.

Dopo strutture, cosa? (i prossimi lavori di Officine d’A)

La critica positiva e l’esperienza vissuta ci fanno dire senza presunzione che il lavoro realizzato non è stato solo l’intrattenimento di una sera e una mostra di quadri esposti in un bel luogo. Riteniamo che l’iniziativa abbia assunto quel senso artistico e quel valore sociale che cerchiamo di realizzare con il nostro fare, quello di abbattere “muri” ad Arte. I prossimi lavori? Stiamo proprio pensando ai muri…

LANFRANCO GIOVANNINI


Lanfranco, in questo periodo, non può concederci una intervista. Il suo contributo all'interno di Strutture è stato determinante, e, ben presto, avremo modo di conoscere meglio anche lui.