Consigli per gli scrittori di appelli

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Micino de "I gatti di Sofia" Micino de "I gatti di Sofia"

Appelli di adozione, intendo.
Di animali, è sottinteso.
Se avete Facebook di sicuro sapete di cosa sto parlando perché ogni canile ha la propria pagina e, praticamente di ogni cane ospitato, viene scritto un appello – più o meno accorato e più che meno preciso – che invita ad adottarlo. Ma gli animali che cercano famiglia non si esauriscono con quelli nei canili; a questi infatti, si aggiungono i rifugi, le associazioni e i volontari singoli e anche loro, giustamente, scrivono appelli nel tentativo di trovare casa agli orfanelli.
E poi ci sono io.
Io non ho un canile, né animali in stallo, ma lavoro per una casa editrice che ha scelto di dedicare una intera sezione del proprio sito alla causa vegan e alle adozioni degli animali e io me ne occupo.
La nostra idea è dare visibilità agli animali in cerca di famiglia anche in ambiti non animalisti, in questo caso, tra gli appassionati di letteratura.
Ci lavoro da un anno circa e ogni settimana pubblico in media una decina di appelli che, moltiplicati per quattro settimane al mese per dodici mesi l’anno, diventano quattrocentottanta appelli di adozione scritti di mio pugno da quando lavoro.
Io non li scrivo da zero, ma cerco gli animali bisognosi da situazioni diverse. E purtroppo, tra le migliaia che ci sono, a mio parere, solo pochi hanno la fortuna di incappare in associazioni serie, che prendano altrettanto seriamente la necessità di scrivere un buon appello.
Un buon appello può decretare o meno l’adozione di un animale e sovente è tutto ciò che un adottante conosce del cane prima che questo gli venga recapitato a casa come un pacco postale.
Un buon appello, secondo me, è un diritto per chi legge e per l’animale che viene descritto. È come un curriculum o un biglietto da visita scritto però da altri. Se fosse il nostro, come vorremmo venisse scritto?
Sono perfettamente consapevole che la totalità dei volontari che se ne occupano lo fanno senza alcun ritorno economico e a discapito della loro vita privata, della famiglia e del tempo libero, ma, da persona che ha sempre fatto volontariato (per animali e persone), mi sento di dire che IL BENE VA FATTO BENE. Altrimenti, soprattutto se avete a che fare con delle vite, lasciate stare. Gli animali non se ne fanno nulla delle vostre briciole, hanno bisogno di presenza, cibo e serietà. Hanno bisogno di essere compresi e amati.
La voglia di scrivere questo articolo mi è venuta dopo poco che ho incominciato il lavoro perché il più delle volte, racimolare informazioni sull’animale che ci interessa, è davvero dura.
Chiedo quindi la collaborazione di tutti gli scrittori erranti di appelli, perché magari con qualche accortezza in più, riusciremo nel fine che ci accomuna: trovare una buona famiglia a quanti più animali possibile.
Partiamo quindi con i consigli:

1-      CONCISIONE
Parecchie volte mi è capitato di imbattermi in una storia strappa lacrime così lunga che alla fine non ricordavo neppure più cosa stessi leggendo.
E all’interno della storia magari non c’erano neppure informazioni utili.
Consiglio: dilungarsi sovente scoraggia il lettore; l’ideale sarebbe far passare le informazioni utili nel minor numero di parole possibile.

2-      LA FOTO penso sia fondamentale.
Se la foto è brutta, scura e lontana, non arrovellatevi per scrivere un bell’appello perché probabilmente la persona che sta leggendo sarà già passato a un altro cane.
La foto poi dà l’idea della taglia dell’animale (se si parla di un cane), quindi sforzatevi il più possibile per farle magari con il cane in piedi, non acciambellato in una cuccia e neanche ritraendolo solo in un primo piano.
E se per la fotografia non siete molto tagliati potreste sempre pensare di chiedere a qualche appassionato: chi non farebbe un’opera di bene per un canile?
Consiglio etologico: volontarie/i, per favore, lasciate a terra i cani piccoli, non sono bamboline. E non obbligate gli animali poco avvezzi alle effusioni a fare una foto con voi che li stringete al petto (lo scrivo perché ne ho viste tante): non è né educativo per chi guarda né rispettoso nei confronti dell’animale.

3-      ONESTA’
Più di una volta mi è capitato di leggere cose del genere “questo cagnolino è bello, buon con tutti e ha solo bisogno di una piccola pastiglia di allopurinolo una volta al giorno.”
Perché il cagnolino in questione era affetto da Leishmania. Ma mica era scritto nell’appello, bisognava dedurlo dal nome del farmaco.
Se un animale è ammalato è bene che chi legge abbia chiaro il quadro della situazione e che scelga sapendo a cosa andrà in contro. La leishmania ad esempio, è una malattia con cui il cane può convivere anche senza problemi per tutta la vita, a patto che sia stata trattata in tempo e che vengano effettuati controlli periodici. Un cane con leishmania, potrebbe, in alcuni casi, non essere un cane per le tasche di tutti perché l’allopurinolo da solo non basta per curarla.
Ecco: un atteggiamento simile penso sia deleterio sia per la bestiola in causa, che magari non verrà adeguatamente curata o sarà riportata in canile (perché giustamente gli adottanti non avevano compreso a fondo il “problema”), sia per l’associazione, perché dimostra poca serietà.

4-      I VIDEO.
I video penso siano uno strumento di aiuto molto valido negli appelli di adozione poiché danno la possibilità di vedere bene il cane, di capire quanto è grande e come interagisce con le persone e con i suoi simili. I video però dovrebbero rimanere un supporto, un sovrappiù alle foto e al testo, perché un video, da solo, serve a poco. Dal video non si sanno l’età dell’animale (si può presupporre), né il suo stato di salute. I video inoltre non sono agevoli come le foto da inviare e se il potenziale adottante è una persona poco avvezza alla tecnologia difficilmente riuscirà a beneficiarne. Le foto e i normali appelli, invece, si possono sempre stampare.

5-      IL NOME DI CHI SI OCCUPA DELL’ANIMALE E ALMENO UN RECAPITO telefonico sono fondamentali.
Sovente non capisco se si sta parlando di un animale in un rifugio, in stallo privato o per strada. Altre volte invece chi scrive l’appello non è colui che se ne occupa direttamente e non cita neppure un altro nome. Altre volte ancora, il nome citato non corrisponde a chi tiene veramente gli animali in stallo. Insomma, un vero marasma! Un po’ più di trasparenza penso sarebbe opportuna.

Consiglio: mettete recapiti diversi, tipo un numero di telefono e un indirizzo e-mail (che seguite, però!), verrete contattati con più facilità.

6-      Se la vostra associazione ha un sito, per quanto vi è possibile, tenetelo aggiornato.
Oggi ormai ci comportiamo come se tutte le persone avessero Facebook e infatti è lì che la maggior parte degli appelli di animali viene pubblicata. Così facendo però si stanno escludendo dai potenziali adottanti tutte quelle persone che non hanno i social network: anche loro però potrebbero voler prendere un animale.

7-      LE INFORMAZIONI CHIAVE.
Per evitare decine di domande sempre uguali sotto gli appelli di adozione o al telefono potreste facilitarvi il lavoro inserendo sempre queste informazioni:

-          L’età;

-          La città in cui si trova l’animale e se può essere adottato anche in altre regioni;

-          Se è sterilizzato;

-          Se è sano o ha patologie;

-          Se va d’accordo con gli altri cani maschi/femmine, gatti, conigli, fringuelli.

Ecco, se in un appello scrivete queste informazioni, avrete già risposto al novanta percento delle domande di chi vi contatterà.

8-      AGGIORNATE GLI APPELLI.
A volte basta un solo commento sotto un vecchio post di adozione per riportarlo “in auge”. E succede così che tornino virali appelli di cani ormai accasati e felici.
Capisco non si riesca a rispondere a tutti i commenti (anche se potrebbe essere importante), ma scrivere la data e rimuovere l’appello (o aggiungere la scritta ADOTTATO) penso sia fondamentale.

9-      Se ne avete la possibilità, spendete magari due parole in più sul comportamento dell’animale. Su come socializza, se è abituato a camminare al guinzaglio, se è sportivo o più sedentario. Tutte queste informazioni magari aiuteranno chi sta leggendo a capire se è l’animale adatto per la loro situazione.

Queste sono le accortezze e i consigli che mi sono sentita di scrivere dopo aver letto per mesi più di un migliaio di appelli. E, per fare un esempio pratico, ho scritto questo:

Lui è Sartre.



Sartre è nato in provincia di Salerno nel maggio 2015 e prima di approdare a Torino, dove attualmente si trova, ha cambiato due famiglie (per problemi dei proprietari, non suoi).
Nonostante il passato burrascoso, la sua indole non ne è stata intaccata, tant’è che Sartre è un cane con una sproporzionata fiducia nel genere umano.
Sarte è buono con le persone, con gli altri cani e con i gatti. Pesa sui trentacinque chili (è una taglia grande), sa camminare bene al guinzaglio anche se a volte tira. Adora correre libero e patisce a star solo in casa. È un cane molto dinamico per cui l’ideale sarebbe una persona che gli dia la possibilità di correre e sfogarsi. Non è castrato e non vorrebbe esserlo.
Di lui mi occupo io, per cui non telefonatemi perché non ve lo darò mai!

Se siete dei volontari che scrivono appelli e siete arrivati a leggere fin qui vi ringrazio di cuore perché mettere in discussione il proprio operato è il primo passo per migliorare. Io stessa non sono affatto immune dagli errori e dalle sviste (anzi!), ma questa consapevolezza è la chiave per progredire e aiutare sempre di più e sempre meglio gli animali.
Grazie a tutti i volontari che ogni giorno si prodigano nel tentativo di trovare una casa a chi una casa non ce l’ha.



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