[Da Sartre ai santoni, con un intervento del dott. Fabio Beatrice, per finire con Manuel Agnelli]

Partiamo dalle cose semplici: svapare fa bene, fa male, è peggio, è meglio che fumare?
Sul web abbiamo mille notizie, da una parte c’è chi dice che svapare è meraviglioso, che ti libera dalla dipendenza, che è bello e fa figo. Soprattutto dice che gli altri, quelli che sono contro, lo fanno perché servi delle lobby. Delle lobby del tabacco che vogliono continuare a venderti sigarette, delle lobby degli ospedali, che ti vogliono malato e pagante, delle lobby dello stato che vogliono, attraverso tabaccai e ospedali, mungerti pecunia fino a farti morire. Nella fazione opposta abbiamo gli altri: svapare fa male, porta acqua nei polmoni, i liquidi non sono certificati e chissà cosa diavolo contengono e poi l’amico del figlio del mio vicino di casa mentre svapava gli è esplosa la sigaretta elettronica e tutta la palazzina a fianco è precipitata come neve sotto tempesta.
Per fare chiarezza – almeno sulla parte software, quindi liquido – abbiamo chiesto un parere al dott. Fabio Beatrice, Past Presidente della Società italiana di Tabaccologia e componente del Comitato Scientifico internazionale per la sigaretta elettronica:
Svapare, fa meno male delle sigarette almeno del 95% (tesi sostenuta, tra gli altri, dal Ministero della Salute della Gran Bretagna). Il resto sono tutti contorni, il vero focus della questione sta in questa percentuale. Lo svapo non avviene tramite combustione ed è proprio attraverso la combustione che la sigaretta diventa letale per il corpo umano, non, come erroneamente si pensa, per la nicotina, ma, appunto, per tutta quella ottantina di sostanze certamente cancerogene che la sigaretta rilascia con la combustione. Svapare è come respirare? Certo che no, ma io che sono medico non posso che vedere il vantaggio della sigaretta elettronica rispetto alle normali sigarette per quanto attiene alla riduzione del rischio. Una riduzione del 95% del rischio per un fumatore incallito è un grande passo in avanti in termini di salute. Poi, per carità, c’è modo e modo, i liquidi devono essere certificati, gli atomizzatori (o i cartomizzatori) devono essere comprati da aziende affidabili. Ma questo è ovvio, insomma, anche andare in bici è sicuro, ma non devi lanciarti in discesa a ridosso di una autostrada a cento all’ora. Quindi io dico fortemente sì allo svapo, svapo consapevole, svapo intelligente, svapo senza fai da te. Se c’è l’aiuto di un medico esperto si riesce a switchare alla sigaretta elettronica con successo oltre il 60% dei fumatori . Questo vuol dire, semplicemente, che staranno meglio da subito, che la loro qualità e la speranza di vita saranno nettamente superiori”.

Il negozio è un posto in cui andiamo per prendere ciò che ci necessita. Nella bottega ci sono persone che offrono servizi. Poi ci sono i luoghi. I luoghi non hanno solo cibo, non offrono solo beni, e non sono neanche solo persone; i luoghi sono abitazioni. Nei luoghi trovi idee, trovi un pensiero che ti era sfuggito e non ricordavi dove lo avevi messo, ti viene in mente quel sapore sentendo quell’odore, che faceva troppo male ricordare ma che, oramai, è tornato bello; nei luoghi ti siedi per riposare e ti alzi per andare, parli con un amico e ti sembra di abitare una casa nuova, con nuove parti di te.
Donata, Ombretta ed Ezio sono tre fratelli che nel 2012 hanno iniziato a pensare di costruire il loro personale piccolo mondo. Hanno iniziato a studiare come poterlo fare nascere, cercato il luogo adatto, si sono districati nella burocrazia. E, due anni dopo lo hanno inaugurato.
Camellia, quindi, non è solo negozio, locale, bottega.
Più di un anno fa stavo cercando un posto nuovo per comprare un centinaio di grammi di puer. Giusto per vedere qualcosa di nuovo e capire se a Torino qualcosa, in ambito di tè, si stava muovendo. Con mio stupore vidi che negli ultimi tempi, in effetti, qualcosa in più c’era.
Scelsi Camellia, un poco perché comodo come zona, un poco perché nel sito avevo visto uno “shu” dall’aspetto attraente.
Entrare da Camellia ti dà, immediatamente, la sensazione di aver lasciato gli abiti stanchi fuori dalla porta. Ti rilassi. Sei accolto senza il fastidiosissimo “allora, ha bisogno di qualcosa, mi dica, mi dica, mi dica” che ti fa immediatamente venire voglia di scappare, ma neanche ti lasciano solo a te stesso. Chiedono, aspettano, ti lasciano vagare in cerca di odori o sensazioni nel loro bellissimo locale. E, di odori e sensazioni, ce ne sono davvero tanti. Per gli amanti dei rossi ossidati ci sono delle belle torte in bella vista, e poi i neri, i verdi, giapponesi, coreani. E poi teiere  in ghisa, in terracotta yixing, vassoi, tazzine. Tutto di qualità elevata. Ma questo è solo uno degli aspetti che mi ha fatto tornare da Camelia. A Torino mancava un posto per consumare tè. O, meglio, per consumare qualcosa che non avesse solo l’aspetto del tè. Non in un bustina, non da pochi centesimi, non vicino a mille altre bevande. Quindi, da Camelia ci si siede, si vede cosa bere e con che cibo accompagnarlo. E, se sei di fretta e vuoi solo un sacchettino prezioso da portare via, comunque hai la possibilità, prima, di assaggiarlo.
I tre fratelli, Donata, Ombretta ed Ezio, capiscono di tè senza avere la supponenza che, purtroppo e spesso, ha chi capisce di tè. Non è una cosa facile da trovare, puoi fare due chiacchiere con persone che, oltre a dirti delle nuove tendenze in asia, dei nuovi neri africani, e a parlarti del bellissimo viaggio fatto da Ezio in una terra da camellia, sanno anche ascoltare quello che hai da dire. Insomma, sono persone intelligenti, persone da andare a trovare per passare qualche decina di minuti nel loro bel mondo sentendosi in una casa propria.

 
Questo il loro sito
Questa la loro pagina facebook

Alcune foto del locale  (tutte le immagini sono in anteprima, aprendone una vedrete la galleria)

foto di Martina Giovalli e Daniele Giovani

Alcune foto del bellissimo  viaggio di Ezio a Laos (nel link la storia)

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La poesia può vestire abiti assai diversi tra loro, può essere bene e male allineata, essere bianca o sporca, può essere vivida o indeterminata, però una proprietà, per essere definita tale, deve avere a prescindere: irriverenza. Deve, necessariamente, non essere omologazione. E in questo periodo fatto di comunicazione racchiusa in schemi e social, che siano facebook, youtube, instagram, o solo abbreviazioni da messaggio frettoloso, gergo giovanile, o moda dimenticabile, la poesia è, unica e sola, in opposizione a questa perdita quasi totale di identificazione dell’unicità.
Il libro di cui parliamo è una raccolta di Elena Zuccaccia, il suo primo pubblicato, edito da Pietre Vive Editore.
La prima cosa che colpisce nei suoi versi è la capacità di indicare la metrica attraverso la punteggiatura. Sono piccoli frammenti amorosi senza inizio e senza fine, sono incontri di pelle, di dita, a volte di occhi, a volte di niente, per perdersi, poi, in assoli quasi indifferenti a se stessi. Sono stanze dalla porta socchiusa e con un filo di luce che arriva dalla finestra. Quel piccolo filo di luce è la connessione, il corridoio poetico della Zuccaccia.

Ci sono tanti modi di vivere, tante scelte che si possono fare o subire e, conseguentemente, si può stare da una parte o dall'altra. 
Questa è la storia di una storia che si è inventato Paolo Barbon. Storia che nasce qualche anno fa.
Animalista da sempre, ha deciso che poteva fare qualcosa in più. Oltre ad amare gli animali, Paolo va in bicicletta. E non è uno di quelli che fanno una gara di qualche o molti chilometri, non compra l'ultimo biga di moda da sfoggiare al bar e non si allena per battere un record.
Paolo, dal 2013, ogni due anni fa duemilasettecento chilometri in qualche giorno, partendo da Torino e arrivando a Madrid. Partendo dall'Italia, passando per la Francia e arrivando in Spagna. E lo fa per un unico motivo: combattere e protestare contro la tauromachia e contro le perreras, i canili lager spagnoli. Combattere contro chi uccide i tori (e i cavalli) per divertimento, per sentirsi forti, per dimenticarsi che la forza è altra cosa. E così Paolo, da molti anni, ha deciso da che parte stare. Sta dalla parte di chi lotta per i diritti di tutte le specie. Sta dalla parte degli animali.